Non c’è alcun dubbio. Francesco Materasso non rinuncia ad insegnarci qualcosa ad ogni sua nuova fatica letteraria. Questo è un dato di fatto impossibile da negare, se mai qualcuno volesse farlo, ed altrettanto difficile da eludere, qualora si abbia la buona disposizione di leggere le pagine che ci propone con la mente riposata e desiderosa. Le riflessioni personali, la visione davvero eco (..non ego..) centrica del mondo e delle relazioni tra specie e quel “male” oscuro ma non poi tanto, che permeano il volume sono gli ingredienti di una pozione che, una volta assunta, entrerà a far parte dell’animo del lettore. Il professore calabrese non le manda certo a dire: Atc spreconi e inefficienti, cacciatori supini e imbelli, coscienza naturalista ridotta ai minimi termini, e legislazione sempre più
clastica e ostile alle istanze di chi la caccia la ama davvero. In molti passi ritrovo il Materasso primigenio, infuocato e indignato di “Una vita nella natura”, che ha scolpito concetti essenziali e rivoluzionari nel modo d’intendere l’attività venatoria nel terzo millennio. La caccia si salverà? Si, se saremo in grado noi per primi, di insegnare agli altri cosa è davvero, a cosa è collegata, da quali afflati ancestrali proviene e soprattutto, cosa propone alle nuove generazioni ormai svirilizzate, rintronate dai social network e confuse come nessun’altra prima. No, se lasceremo tutto nelle mani di una politica che non ci ha mai amato e che mai lo farà, per la quale i cacciatori sono, nel migliore dei casi un serbatoio di voti e nel peggiore nemici da eliminare, ma sempre e comunque una pesante palla di piombo di cui farebbe volentieri a meno.
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