

Un permesso di caccia granducale biancheggia fra antiche formelle in avorio istoriate con storie di cani e cacce meravigliose; la copertina verde e oro di un manuale dell’ottocento accompagna un portachiavi fatto con la stanga di un capriolo; una ceramica da stufa prelude ad un magnifico studio di daino da trofeo mondiale, eseguito nel 1960 da Karl Lotze, uno dei maestri contemporanei dell’arte figurativa venatoria, del quale possiamo ammirare anche altre opere, fra cui delle grafiti e un olio, sempre con il tema dei grandi selvatici ricorrente e preferito. L’espressività dei soggetti, la correttezza delle proporzioni senza essere didascaliche, il tratto pulito rendono
ognuna di queste opere un godimento per gli occhi di chi ama davvero la natura. Ma non è finita. Confesso che ho avuto un brivido supplementare di emozione quando, sotto il becco di un fiero “auerhahn”, un gallo cedrone appollaiato ad un ramo di betulla, ho scorto alcuni cinghiali sfondare il recinto di un orto. Si tratta di
un’incisione del maestro di tutti i maestri dell’arte dello stiletto: Johannes Elias Ridinger. E’ una stampa originale coeva, così come due delle altre quattro, e nonostante siano trascorsi trecento anni emana ancora una forza di penetrazione ineguagliabile. Mi rendo conto che la sola vista di queste opere vale il sobbarco del viaggio per il castello di Falkenstein. Indugio su ogni particolare anatomico, sulle piante e il paesaggio, e osservo gli occhi vivi di quelle bestie irsute, rese creature immortali dalla mano e dal cuore di un genio. Mi muovo per le sale osservato da una moltitudine di occhi.







