Seguendo lei a caccia di beccacce, ho appreso che il modo di procedere di un cane davvero maestro in questa disciplina consiste in due sistemi separati dall’evento culmine, ovvero il frullo della regina. Nella fase che precede questo, il cane è, deve essere, intraprendente, avido, ardito quasi nell’esplorare gli anfratti utili al reperimento, ma al contempo pronto a saper gestire un’emanazione che all’improvviso può permeare le sue narici costringendolo ad una ferma a volte ravvicinata, e ad una guidata in alcuni casi veloce. A frullo avvenuto invece, indipendentemente dalla situazione che lo ha causato, il cane esperto, o anche quello inesperto ma naturalmente vocato, adotta subito un atteggiamento differente, facendosi guardingo, ragionatore, rallentando l’andatura e diventando trottatore se galoppatore e quasi camminatore sulle uova se invece trottatore. In questa fase il cane maestro riflette, assaggia l’aria, ritorna sui propri passi, dettaglia e altalena il collo fra il terreno e le piante, esprimendo tensione e concentrazione e comunicandole con l’intera gestualità al suo accompagnatore col fucile.
Tutto questo e molto altro ho appreso dalla mia maestrina con le toppe nere. Fu una scuola onerosa, a dire il vero; una scuola che mi costò l’essere presente ad ogni suo pasto finché non vuotava la ciotola se volevo che mangiasse; che mi costrinse a portarla sempre e dovunque con me quando mi spostavo, perché lei non sopportava la mia assenza per più di qualche ora e nessun recinto, inferriata, o
finanche balcone era in grado di confinarla: a costo di ferirsi gravemente, come una volta accadde, lei doveva raggiungermi ovunque io fossi e qualunque cosa stessi facendo. Ma quante avventure insieme, quante prove di intelligenza superiore, e di gran lunga, a quella di molti testoni a due zampe; quanto amore mi ha dato quella timorosa maestrina. Non c’era scivolone a caccia in cui non corresse a leccarmi come se fossi stato un cucciolo; non passava film visto in televisione sdraiato sul divano che non guardassimo insieme, accucciati come due fidanzati (allora ero scapolo e me lo potevo permettere); non c’è stato viaggio in automobile, treno o aereo che fosse, in cui non l’abbia portata con me.
Morì di parto all’età di sei anni dando alla luce Rambo ed i suoi otto temibili fratelli neri. Elsa, la segugia beagle che aveva per anni dovuto pazientemente sopportare preferenze obbligate ed abbandoni forzati, li adottò allattandoli insieme ai suoi cinque partoriti pochi giorni prima, in uno sforzo che nel nostro mondo umano nessuna donna avrebbe fatto per la sua “rivale”.
In seguito ho avuto e tuttora ho fior di cani, di fucili e di automobili per andare a caccia e sono ancora abbastanza giovane e forte. Ma darei tutto in blocco per avere ancora una volta la mia alfasud, i miei vent’anni, e la mia Denny.
SPECIALE BECCACCIA : LA MAESTRINA DALLE TOPPE NERE…
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