Non riuscii mai a trovare una spiegazione razionale a quell’episodio, così come non saprò mai cosa Denny sussurrò ad un temibile capobranco di stazza lupesca, quando con la sua decina di accoliti ringhiosi, stava per aggredire me e mio fratello in una vallata della Sila Greca in cui ci recavamo a caccia una settimana ogni anno, per i Morti. Mentre già, schiena contro un albero, avevamo messo in canna i pallettoni per vendere cara la pelle, Denny si staccò da noi ed andò verso il cerbero e la sua banda di demoni randagi, zampettando a testa dritta e scodinzolando lievemente. La chiamai terrificato, ma lei, solitamente ubbidientissima, ignorò il mio comando ed arrivò al cospetto del cagnaccio. Ero certo che l’avrebbero scannata e poi avrebbero finito il lavoro con noi, ma con totale sbigottito sollievo, vidi che il branco di cani faceva dietrofront e tornava nella selva da cui poco prima era uscito latrando col sangue agli occhi. Non m’importa se qualcuno non ci crede: a me basta sapere che è vero. 
Nessun maestro a due zampe, avrebbe potuto insegnarmi quel che m’insegnò questa cagnina in fatto di beccacce. Da lei imparai che le beccacce hanno una scala di preferenze in fatto di siti in base alla data “d’atterraggio”. Difatti ricordo ancora la mia perplessità quando a fine ottobre invece di battere un comodo castagneto nel quale la terra era scura e dolce come tabacco Virginia, la vidi dirigersi con decisione verso un borriciattolo insidioso che scorreva poco lontano, il cui greto risaliva la collina scavandola e mettendone a nudo lo scheletro ciottoloso. Ero sì perplesso, ma dovetti ricredermi quando in capo ad un quarto d’ora abbassò repentinamente la testa in quel suo modo tutto particolare, come se all’improvviso avesse visto a terra qualcosa che la incuriosiva. Era il suo segnale, la spia che la beccaccia si trovava là vicino e che in poco tempo l’avremmo raggiunta. Sempre da lei, ho imparato che la beccaccia può pedinare come un fagiano e poi magari fermarsi improvvisamente, scartare e involarsi alla destra o alla sinistra dei suoi persecutori, con rapidità da lasciare sconcertati, come quel giorno sui monti del Chianti quando la regina mi apparve quasi di spalle dopo aver fatto una corsetta fra le scope, cogliendomi di sprovvista malgrado la cagnina, in ferma, mi avesse segnalato la nuova locazione
con una rotazione degli occhi verso la giusta direzione. Proprio Denny mi ha insegnato che pur restando il “sette” il codice base seguito dalla beccaccia quando è costretta a frullare, non è produttivo ed è tatticamente sbagliato dirigersi pedissequamente verso la direzione da lei presa dopo la virata, ma risulta molto più utile battere un cerchio tutt’intorno a questo punto individuando i ricettacoli più idonei ad accoglierla, che per quel preciso ambiente rimangono sempre gli stessi, immutabili nei secoli. Me lo provò una volta in cui la direzione era talmente precisa da non poter sbagliarsi, e lei invece andò dritta davanti a sé e la trovò cento metri più in là, fra alcuni ontani, al pulito, che aspettava con i suoi occhi neri allargati dallo spavento.
SPECIALE BECCACCIA : LA MAESTRINA DALLE TOPPE NERE…
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