E’ un pezzo bellissimo. Uno di quegli interventi che una volta letti non si riesce a dimenticare più.
E’ uno scritto di Piero Pieroni, nome che di certo non ha bisogno della mia presentazione, così come di quella di nessun altro. Parla di lepri e di lepraioli, e più di questi ultimi che delle prime. 
Andrea, un suo amico, parlando al maestro chianino vanta le doti di uno zio grande lepraiolo. Pieroni risponde che non è lepraiolo. L’amico insiste, sciorina carnieri ed imprese dell’ammirevole parente, ma lo scrittore rimane alla sua affermazione. Quindi decide di spiegargli il perchè.
“ La razza dei veri lepraioli si è estinta. Perchè prima di essere una razza era una generazione – quella che aveva fatto guerra mondiale- e l’immagine di un mondo diverso e perduto….Nella notte, anche se pieno di vino e incapace di ritrovare la porta di casa, il lepraiolo infilava l’uscio del canile e gettava un tozzo di pane secco a Vespa, a Drago, a Diana e gli riempiva la ciotola d’acqua. Solo allora saliva le scale di casa e vestito com’era, tutto di nero, con il cappello in testa si buttava a dormire accanto alla moglie, sotto il crocifisso e il ritratto del re. Lo svegliavano le prime luci dell’alba o i richiami dei compagni che l’aspettavano nella via o nella piazza, accanto agli amici rimasti sul Carso…”
Quei lepraioli di tanti anni fa…
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