“Tanti anni fa, il giorno dopo l’apertura, incontrai alcuni colleghi cacciatori che avevano ferito una fagiana, caduta dentro un grande rogo impenetrabile. Il caldo era infernale, e loro avevano ormai perso ogni speranza di recuperarla. Chiesi loro se potevo provare io con il mio breton, e avutone l’assenso sparai una fucilata in aria incitando il cane al recupero; dopo circa dieci minuti, che a noi parvero un’eternità, sentimmo uno sfrascare e vedemmo il breton che mi si avvicinava sbruffando mentre usciva dal rogaio con la fagiana ancora viva in bocca. Finì con un applauso da parte dei cacciatori presenti…”.
Marco Selmi non ha esitazioni quando gli chiedo di raccontarmi un episodio emblematico della sua lunga carriera di bretonista. Il difficilissimo recupero di un capo di selvaggina ferita, la volontà ferrea del cane, la sua abnegazione nel voler a tutti i costi risolvere il problema pur avendo sulla groppa una lunga giornata di caccia, tratteggiano un quadro ben definito di quel che il noto dresseur toscano si aspetta dai suoi pupilli a quattro zampe.
Del resto, l’epagneul breton è un cane in grado di offrire questo ed altro ai suoi numerosi estimatori, e il suo carattere socievole e dinamico produce effetti molto profondi su chi, come Marco Selmi ama davvero, e fin da ragazzo, la caccia ed i cani. Incrociando un bicchier di vino buono, gli rivolgo alcune domande per approfondire l’argomento del suo grande amore cinofilo, ovvero il sorprendente ed eclettico fermatore francese.
Esclusiva Caccia Oggi. Marco Selmi: il breton, secondo me..
Condividi:






