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Arte e caccia nell’Ottocento tedesco – prima parte

Galleria d'Arte
15 Novembre 2016 di Antonio Marescalchi
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PRIMA PARTE- IMMAGINE 1

fig 1

 

Anche se il re di Prussia ed il re di Baviera sono ancora attorniati da una costellazione di reami più piccoli che solo alla metà del secolo si coaguleranno per diventare un unico grande impero, sotto la guida del Kaiser, il clima politico che apre l’Ottocento è fortemente influenzato dagli “ideali” della rivoluzione francese, e, quale nemesi di quel movimento rivoluzionario nato bene e finito malissimo, dall’ascesa napoleonica che di fatto instaura una monarchia imperiale a carattere fortemente nazionalistico. Proprio il Grande Corso allora, con il suo astro imporrà alle autocratiche monarchie tedesche una riflessione sull’opportunità di riscoprire quel “Pangermanesimo” che, unico al mondo, diciotto secoli prima aveva saputo resistere con successo alla dilagante potenza di Roma. Riscoperta delle radici, unità nazionale, e liberalismo economico e concettuale diventano le chiavi di lettura per interpretare i fermenti della cultura tedesca del diciannovesimo secolo.
Menti come quelle di Hegel, Schopenauer e Feuerbach, rivolgono le loro speculazioni verso i massimi sistemi inglobando ragione e sentimento in un solo alveo, proprio mentre Charles Darwin, Oltremanica, si accinge a pubblicare la sua opera omnia : “l’Origine delle specie”, destinata a diventare oggetto di studio, glorificazione e vituperio, dalle prestigiose scuole naturalistiche di Heidelberg, Tubinga e Magonza.
Da un punto di vista prettamente artistico, l’Ottocento si apre anche in Germania con la coesistenza di due anime che mostrano caratteristiche diametralmente opposte. V’è il classicismo tutto colonne antiche, templi e pose apollinee, legato al mondo della borghesia, e c’è pure il fervore romantico ribollente nello Sturm und Drang, movimento letterario e creativo di cui Runge e Friedrich si pongono ad epigoni col pennello, dove la natura e gli animali svolgono il ruolo di primattori alla pari con l’uomo nella trasposizione figurativa e spesso anche nell’impianto scenico o narrativo.

E’ il momento dei Preraffaelliti, che vagheggiano una patria ideale scevra dai gravami di problematiche sociali, ed è anche il momento dello sviluppo della favolistica dei fratelli Grimm, e di Andersen nella vicina Danimarca, in cui il rapporto con le forze naturali assume un carattere prioritario. E mentre sulla scorta di queste idealità culturali si fa strada l’Istorismo, che è una specie di coagulazione di varie epoche in un’unica rappresentazione, per gli stessi motivi la pittura paesaggistica vede un rinnovato sviluppo d’interesse, alla pari, come accennavo, con quella degli animali.

La caccia e la natura hanno sempre occupato un ruolo importante nel sentimento delle popolazioni tedesche, che al pari di quelle britanniche hanno incluso queste sensazioni nel loro vivere quotidiano, trasponendole di conseguenza nel flusso d’arte che, nel bene o nel male, da questo trae la sua lava più incandescente e la sua forza evocativa più efficace.
La figura del cacciatore è una figura nobile, nel sentire tedesco. E’ un’immagine rispettata, benvoluta, spesso amata ed ammirata forse più che in ogni altro popolo, inglese compreso, e le tradizioni venatorie germaniche sono parte integrante del modo di vivere comune. Infatti, nelle raffigurazioni la prevalenza dell’immagine stessa dell’uomo venante, rispetto, per esempio, al cane o alla selvaggina come è invece più facile che accada nelle pitture inglesi, è indice evidente di quest’afflato, che, malgrado tutto, in quel paese ancora oggi non s’è spento, ed occorre aggiungere che quasi ogni artista con un minimo di credibilità nel panorama tedesco dell’ottocento, s’è misurato con la caccia e gli animali, come una specie di certificato di garanzia, di comune denominatore, di suggello culturale a cui non avrebbe mai sentito di poter rinunciare.
La figura 1 rappresenta “Der Falkenjaeger”, un magnifico olio su tela del 1780, di Johan Chrysostomus Winck, , in cui il tratto romantico è riconoscibile nelle tinte del cielo, nelle pose dei cani e del cacciatore, impegnato amorevolmente a “far cortesia” al suo falco, ed in quella della selvaggina abbattuta fra cui il grande airone cinerino che giace col petto e il rostro rivolti all’insù. Splendido e tipicamente germanico, il costume verde e oro del falconiere.

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