Certamente il pointer non è il cane più indicato per gli ambienti acquatici. Intendiamoci, il grande inglese è grande sempre e comunque. Però, se dobbiamo analizzare obiettivamente la questione dal lato tecnico, e non da quello del sentimento, non possiamo sottacere che molte delle caratteristiche morfofunzionali del fermatore britannico sono stridentemente in contrasto con l’ufficio a cui lo si pone facendolo cacciare sull’acqua. Innanzitutto il pelo vitreo e corto certamente lo espone a ferite, graffi ed escoriazioni molto più che non un drahthaar o uno spinone, ma anche non volendo considerare questo aspetto, dobbiamo per forza tenere in conto che le mattinate dicembrine o di gennaio, possono presentarsi con temperature aggirantesi attorno allo zero; dunque, un cane con le
caratteristiche di mantello del pointer sentirebbe certamente di più, che non altre razze, le immersioni nell’acqua gelata. Ci sarebbe anche l’aspetto della tendenza alla dolicomorfia, ossia segmenti allungati e sterni carenati, che accomuna al pointer anche i setter irlandesi, qualche gordon e diversi setter inglesi e che certamente, per una serie di motivi, non favorisce le qualità natatorie. Però il pointer, e quelli come lui, qualche freccia in faretra ce l’ha. Il grande naso è certamente un’ arma vincente, permettendogli di percepire particelle olfattive mischiate in quel drammatico pout-pourrì di odori che è l’ambiente palustre. Questo dato poi, è unito alla reattività. La reattività è un fattore di importanza pari alla potenza olfattiva, in situazioni particolari. L’immediato riconoscimento aereo, e repentina conseguente segnalazione, dell’usta del selvatico può in molti casi essere davvero risolutivo. Pensate ad esempio alle anatre: impossibili da fermare davvero ma la cui presenza è avvertibile ad una certa distanza da un apparato ricognitore come quello di un pointer, operazione che in molti casi risulta proficua ai fini del carniere
Caccia vissuta: Operazione Gallinella…
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