
Negli anni settanta, Annibale Bocchiola, grande narratore d’alta quota ed autore nel 1950, di “Vecchia Cacciatora” , pubblica il celebre “Mal di caccia”, l’opera che gli darà la meritata, definitiva fama e lo iscriverà di diritto fra i grandi della narrativa venatoria italiana. Altro maestro che merita la menzione è il chianino Piero Pieroni, tra i massimi esperti europei sui pellerossa, direttore ed autore di numerose
iniziative editoriali sulla caccia, portate a compimento trasponendo su quelle sue pagine dal forte carattere evocativo un amore per la caccia che spesso pare andare oltre il semplice fatto descrittivo. Un amore puro, genuino, genetico verrebbe da dire.
Fra le pagine estere ce ne sono davvero molte che meritano un pur sommario memento. Come non rammentare “Dersu Uzala, il piccolo uomo delle grandi pianure” cacciatore solitario delle steppe mongole, dalle cui appassionanti vicende,
scritte da Vladimir Arsen’ev all’inizio del novecento, è stato tratto il grande film premio Oscar di Akira Kurosawa a metà anni settanta, e sulla cui scorta di successo avvenne la traduzione in italiano del libro? Oppure la prima versione italiana delle avventure, realmente vissute, del grande cacciatore bianco Jim Corbett, alle prese con il terribile leopardo antropofago del Kumaon, cuore dell’India misteriosa, ne “Il leopardo che mangiava uomini”?
CACCIA E LETTERATURA: LA PENNA DI ARTEMIDE
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