-..Fu una notte maledetta quella! La neve arrivò ad un metro ed io speravo che Lello

Questa storia l’ho estratta da un antico diario di caccia. Non è un diario anonimo come se ne potrebbero trovare rovistando fra le bancarelle o nelle cassette di sottobanco di vecchie librerie polverose, bensì è parte di un opera che meriterebbe di essere scoperta, o riscoperta, da tutti quanti amano sapori, profumi ed atmosfere di un tempo che non c’è più. Il volume s’intitola “In montagna e in maremma” e l’autore non è uno qualsiasi: è Vincenzo Chianini, avvocato e soprattutto scrittore di sentimenti e passioni raramente superato, oltrechè una delle più eminenti fra le penne macchiaiole. Il libro è introvabile e la mia volontà di narrare una delle storie in esso contenute, nasce proprio dalla considerazione che sono pochi, soprattutto fra i più giovani, coloro che hanno avuto modo di leggere quelle pagine, stante l’assenza, per quel che ne so io, di ripubblicazioni recenti o remote.
La malandata copia in mio possesso, pubblicata da Rossini di Firenze nel 1928, mi ha regalato momenti di trasporto e di emozione, evocando paesaggi aspri ma bucolici, sempre punteggiati da grandi piante e casolari antichi, vissuti da gente semplice, genuina come il vino rosso e quelle starne selvatiche che non mancano di farvi spesso capolino
si fosse fermato in qualche casa, ma vegliai senza pace, tormentata da un cattivo presagio. Si fece mattina e non vedendolo spuntare andai sui campi da dove si vede quasi tutta la via. Chiamai, ma nessuno mi rispondeva. Allora chiusi i ragazzi in casa, scesi di corsa verso il mulino con il cuore che mi pareva scoppiasse per l’angoscia, ed arrivai fino a quel borro laggiù. Vidi l’asina morta, rovesciata e stecchita. Compresi tutto ed iniziai ad urlare come una pazza chiamando il mio Lello. Correvo e chiamavo, inciampando, rialzandomi e precipitandomi giù per la strada coperta di neve. Mi sentirono dal mulino, molto più sotto, e salì gente venendomi incontro. Io ero come un’ossessa e vagavo senza meta, saltando per ogni fosso e gridando il nome di Lello. Lo trovammo sotto una proda, mezzo coperto di neve e morto per il freddo..-
Un sighiozzo troppo a lungo trattenuto concluse quella storia raccontata tutta d’un fiato, come per necessità. Chianini tacque, accogliendo col suo silenzio il pianto della vedova. Poggiò sul tavolo la brocca di coccio ed il bicchiere, accarezzando la testa della cagnina accanto a lui. Una voce si udì poco lontano: – Avvocato, venga ! Son volate!- Era Renzo che, avvicinatosi anche lui al casolare, aveva messo in ala una brigata di starne. Lo scrittore, scosso dal racconto e dal pianto, estrasse il portafoglio e lasciò alla vedova ancora singhiozzante, un ringraziamento per l’acqua ricevuta. Poi, stringendo il legno della doppietta, prese lentamente ad avviarsi verso i compagni, riflettendo su molte delle cose che fino ad allora aveva dato per scontate.
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