Accanto al castello di Montauto, maniero dal glorioso passato feudale, il giorno avanti avevano inseguito alcune brigate di starne riuscendo a metterne insieme un certo numero, con l’indispensabile ausilio dei cani fra cui spiccava Spia, una cagnina setter, inseparabile compagna d’avventure dello scrittore. Quel mattino, sotto la chioma rassicurante di un castagno, Chianini ed i suoi amici, Renzo e Bista, stavano definendo la strategia più opportuna da seguire. Il cerlecchìo di una starna, e poi di un’altra ancora, interruppe le discussioni e fece balzare Spia in piedi tendendo la corda a cui era legata. Sciolsero i cani e si
indirizzarono verso il campo di stecce da cui il canto era arrivato. La cagnina percepì qualcosa a ridosso di un varco erboso e si schiacciò repentinamente a terra col naso rivolto verso la fonte di quell’effluvio che la distaccò dal suolo, attraendola a sé come legata ad un filo invisibile. Il sentore le fece attraversare in filata un campo d’arbusti, risalire un ciglione roccioso, sfrascare in un felceto e terminare rigida ai margini di una valletta dalla quale frullarono due starnette leggere e rapide, che caddero sotto una fortunata coppiola. Ma quegli animali erano solo la retroguardia di una numerosa brigata che tenne impegnati i tre cacciatori per tutto l’arco di un mattino andava facendosi sempre più infuocato. Alle starne si alternarono numerosi voli di quaglie e persino un paio di lepri, levate dall’incalzare di quei cani tuttofare.
DIARI DI CACCIA: L’ACQUA DELLA VEDOVA
Condividi: