“Grazie”, dicono, è stata l’ultima sua parola prima del grande viaggio.
Grazie. E in quel “grazie”, pronunciato sul letto di un ospedale romano, Bud Spencer ha voluto includere, ne sono certo, tutti noi che per cinquant’anni l’abbiamo amato come uno zio buono e forte, sempre pronto a mettere a posto i malvagi con qualcuno dei suoi potenti sganassoni. Uno zio invincibile, paziente, tollerante, mai volgare né melenso.
Tuttavia siamo noi che dobbiamo ringraziarlo. Dobbiamo ringraziarlo per aver reso più gioiosa la nostra infanzia, più avventurosa la nostra adolescenza e, forse, migliore la nostra età di adulti, quando tante volte abbiamo annaspato in balìa delle maree della vita ma siamo stati in grado di affrontarle.
Chi di noi non ha esultato per ogni sberla mollata ai prepotenti in “Altrimenti ci arrabbiamo”? Oppure, alzi la mano chi non ha mai desiderato una volta di volare sul piccolo biplano in “Più forte ragazzi”. E chi non ricorda con commozione l’epica scena finale di “Io sto con gli ippopotami”, quando centinaia di animali vengono liberati dalle gabbie dei trafficanti per riprendere la via della libertà. E poi le avventure indimenticabili con Trinità, l’altro “zio” buono, Terence Hill, adesso rimasto da solo a raccogliere l’affetto dei fans di tutto il mondo.
Tutto passa, è vero. Ma alcune cose sono in qualche modo destinate a rimanere ed alcuni uomini a diventare miti. Uno di questi è Bud Spencer.
Grazie di tutto zio Bud. Adesso, vai a dare qualche sberla anche lassù…
Grazie, zio Bud..
Il nido del falcoCondividi: