Circa l’andatura al trotto, egli ne indica la potenziale caducità genetica, sostenendo correttamente che nulla obbliga il bracco italiano ad essere trottatore in eterno e che con un’accurata selezione potrebbe trasformarsi in galoppatore. Ma a che pro? : “…Quale vantaggio ne avrebbero i cacciatori? Nessuno.” afferma Chelini aggiungendo che mentre esistono tante razze continentali galoppatrici non ne esiste alcuna, a parte il nostro bracco, eminentemente, se non esclusivamente trottatrice. Il bracco italiano offre un tipo di prestazione che nei nostri ambienti, in media, ha dimostrato di essere la più idonea. Spingerlo al galoppo significherebbe perdere le peculiarità che lo contraddistinguono, finendo per uccidere la razza. “Seguiti a trottare, il
nostro bracco..” scrive “…coprirà molta strada ed avrà forti probabilità di conquistare per via qualcuno che oggi lo disprezza.” Seguono dissertazioni sulla necessità di separare le prove da quelle degli altri continentali, per via della velocità diversa su un terreno agevole ed uguale per tutti; sull’impiego polivalente del bracco, dai calanchi argillosi del sud alle marcite ed alle paludi fredde del nord; sul dressaggio facile; sul naso eccellente e sulla ferma istintiva: “ Patrimonio ben fisso per antico retaggio…estasiata e stupenda..” . Ed infine sulle facoltà intellettive superiori alla media, scrivendo: “..L’intelligenza del bracco è scolpita nel suo sguardo.”
( nella foto sopra a destra: Heros e Gea delle Forre )
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