La prima cosa che colpisce in questo Mastro Tornabuoni, è l’aspetto. Storto, nodoso, non troppo grande, si potrebbe definire il fratello “brutto” dell’Originale MST. Il sigaro è definito “scorciato”, e non ammezzato per il semplice motivo che non esiste una versione lunga di riferimento come per i toscani. Tuttavia, questo aspetto contorto, è una delle garanzie dell’assoluta manualità con cui viene fatto, e in qualche modo influenza la percezione gustativa che segue. Accensione facile, anzi anche troppo, visto che la sezione combusta raggiunge immediatamente temperature altissime. Le primissime boccate, degustate solo col palato, sono pungenti, aspre, con spiccato sentore ammoniacale. Facendo attenzione, e tirando “puffetti” misurati, si incominciano a percepire note molto terrose, saline, con solo accennate delle sfumature vegetali.
Chi ama i gusti amari e tannici, certamente troverà questo sigaro molto interessante, anche per la sensazione di genuinità che dona.
La combustione ed il tiraggio si sono rivelati ottimi, testimonianza di scelte tecnicamente valide. Andando avanti nelle boccate, e utilizzando la zona retronasale, il gusto ammoniacale e terroso lascia spazio a qualche piacevolezza in più, ed allora può far capolino l’orzo tostato, poi il legno, e a volte addirittura un po’di buon cuoio. Resta, almeno nella mia esperienza, un sigaro incostante nella forza, a volte pronunciata ma per lo più debole. Il motivo lo ignoro, anche se forse è da imputare alla varietà di tabacco, ed allora deve considerarsi una caratteristica insita nel prodotto. Senza dubbio, questa del “long filler” autoctono appare come un’iniziativa coraggiosa, ma i “master blender” della neonata Casa toscana devono, secondo me, ancora aggiustare il tiro per ottenere un prodotto davvero unico.
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