Esultanti per la splendida preda, decidemmo alla fine di inoltrarci nel bosco. Si chiamava, e si chiama tuttora il bosco di Morrocco. E’ una piccola foresta composta da varie essenze arboree, sottobosco non fittissimo, ed humus morbido e profumato. Un ricetto ideale. In capo a una mezzoretta difatti, l’azione combinata di Sole ed Atreo ci permise nientemeno che di essere ricevuti a “corte”. Atreo stampò il suo naso da monumento verso la base di un tronco di quercia e qualche ginestra. Sole ed Eva consentirono, mentre Giorgio ed io prendemmo posizione adeguata. Il pointer inspirava ed espirava l’aria boscosa, gravida di terra e aromi che lui solo poteva discernere; la cassa toracica si contraeva evidenziando i possenti muscoli del
suo corpo scultoreo e noi eravamo lì, mesmerizzati da quel duello silvano. La beccaccia scoppiettò rapida e verticale, il tiro fortunato, il riporto puntuale. La gioia di una mattinata benedetta dal Cielo, toccò il culmine. Abbracciai il pointer con tutta l’energia che avevo, e lui rimase lì a ricevere la mia emozione quasi a farmi un favore. Aveva ragione: ero io in debito con lui, e lo sarei stato sempre di più ogni giorno che avremmo passato insieme.
Era tempo di rientrare. Come sempre quando si vivono momenti felici, l’orologio pare accelerare la sua corsa quasi a ricordarci quel veritiero adagio che prescrive come le cose belle debbano durare quanto un battito d’ali di farfalla. O di fagiana. O di beccaccia…….
Giornate di caccia : quel “tris” di tanti anni fa…
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