La planimetria degli spazi interni della villa, vedi le stanze con i soffitti bassi e la presenza di ambienti per ospitare cavalli e altri animali, sembrerebbe certificare che almeno inizialmente la funzione dell’edificio fu quella di presidio militare. Molto presto però la villa inizio ad essere apprezzata per la sua funzione di palazzina di caccia. Dai carteggi dell’epoca risulta che l’edificio veniva usato spesso e in tutte le stagioni, sia per le battute di caccia, sia come punto di sosta nei frequenti spostamenti tra Firenze e Pisa o Livorno dei membri della famiglia Medici o di plenipotenziari ai loro ordini. La residenza non fu però solo teatro di amenità, tra le sue mura si compì anche un orribile delitto: il 15 luglio 1576 Isabella de’ Medici venne brutalmente assassinata, tramite strangolamento, dal marito Paolo Giordano I Orsini con il probabile aiuto di un sicario, un cavaliere di malta vicino agli Orsini. Il delitto fu compiuto come punizione della infedeltà della donna al marito ma ebbe l’avvallo, se non addirittura il mandante, in Francesco I de’ Medici, che succeduto a Cosimo I, si occupò di eliminare tutti coloro che simpatizzavano per il partito antimediceo tra cui Isabella stessa. All’epoca di questo fatto di cronaca nera, la villa apparteneva a Don Giovanni de’ Medici, fratello di Isabella, il quale alla sua morte (1621) lasciò le sue proprietà al nipote Don Lorenzo de’ Medici. Dopo la scomparsa di Don Lorenzo, che non ebbe figli, la villa passò a suo fratello il Granduca Cosimo II, che la donò a suo figlio, il cardinale Leopoldo de’ Medici (1671). E’ in questo momento storico che l’edificio inizia a perdere il suo tono marziale per assumere un assetto più residenziale e signorile. Con la morte di Leopoldo (1675) la villa passò al Granduca Cosimo III e poco tempo dopo vennero stesi due inventari (1705 e 1728), che ci dicono che la villa era arredata con dipinti di pregio (opera di Alessandro Allori, Matteo Rosselli, Andrea del Sarto…) e con arazzi, alcuni dei quali realizzati su disegno di Giovanni Stradano. Proprio partendo da questi inventari si è tentato di ricostruire oggi l’arredo dell’edificio nobiliare. A tale scopo è stata impiegata una parte degli arredi antichi (molti dei quali medicei) proveniente dai depositi della Soprintendenza fiorentina, dal lascito del 1844 dell’antiquario Antonio Conti, e di quello di Stefano Bardini (acquisito dallo Stato nel 1996). Sono stati poi portati in loco anche quattro arazzi con le Stagioni, di provenienza granducale, che sebbene non originariamente a Cerreto, sono indicativi delle tappezzerie che un tempo abbellivano la villa. Tra l’altro in alcune sale sono ancora visibili degli affreschi decorativi del periodo tardo neoclassico; un esempio su tutti la veduta con rovine che si trova nella loggia settentrionale. Tornando alle vicende storiche della residenza, passata ai Lorena dopo l’estinzione della casata dei Medici (1738) la villa di Cerreto Guidi fu alienata con un atto datato 29 maggio 1780 alla famiglia pistoiese dei Tonini per la cifra di 4740 scudi . Ceduta ai Maggi diLivorno nel 1821, fu acquistata poi da Maddalena Dotti ved. da Filicaja nel 1885 che la donò al genero Giovanni Geddes. Nel 1966 l’allora proprietario, Rodolfo Geddes, la vendette a Galliano Boldrini, che tre anni più tardi a sua volta la donò allo Stato Italiano a patto che divenisse un museo nazionale. La villa, oltre ad ospitare il Museo Storico della Caccia e del Territorio, ha al suo interno collezioni eterogenee, di varia provenienza, che vanno da un lapidario romano e uno romanico-gotico, a dipinti che spaziano dal Medioevo al Settecento (tra cui opere pregevoli di Guercino, Lavinia Fontana, etc… ), arredi e oggetti d’arte italiani e islamici. Tra i ritratti, da segnalare quello a figura intera di Isabella de’ Medici che ricorda il luogo dove presumibilmente essa venne assassinata (fino al saccheggio compiuto nel 1944 in piena Seconda guerra mondiale, nella villa era conservato il cappio originale usato per strangolare la nobildonna). Altri ritratti medicei sono quello di Cosimo I nell’abito dell’incoronazione, avvenuta il 5 marzo 1570 e quello di Don Francesco de’ Medici in corsaletto (1615 circa).
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