Il terzo beccaccino le si alzò, inavvertito, trenta metri di lato ed almeno quaranta davanti a me. Forse padellai, forse era fuori tiro: in ogni caso la pointerina si gettò a rotta di collo in un inseguimento impossibile, finendo al limite del grande campo che confinava con un altrettanto esteso granturcheto. Provai un momento di sconforto, ma durò poco. Proseguimmo la caccia, io annaspando ed Antea galoppando anche se con una velocità ben inferiore alla prima mezz’ora. Non era stanca, lo vedevo dal portamento della testa elevato, dal fatto che non sbagliava un passo e dall’osservazione di come andava ad ispezionare ogni cespuglio che incrociava nella sua cerca. Sentii una bava d’aria che si muoveva, e anche la pointer la percepì: si arrestò, si schiacciò, si rialzò, fece tre passi e si fermò ancora. Per fortuna non ero lontano ed arrivai in tempo per imbracciare bene la doppietta. Pochi istanti, ed un beccaccino si levò saettando sulla mia sinistra e cadde di prima canna. Avrei rinunciato al carniere di un anno per non sbagliare quell’uccello. Antea andò al riporto e mi consegnò il folletto esanime, che pareva dormire tra le sue fauci. Alla fine, la mia fanciulla aveva stregato il folletto.
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