Il bacetto irridente del primo beccaccino mi richiamò all’ordine in maniera perentoria, levandosi circa dieci metri al lato di Antea che non aveva mostrato di averne in alcun modo percepito la presenza. Alzai goffamente il fucile e la cinghia rimase imbrigliata ad un bottone del giaccone maremmano, imbracciai malamente, sparai in ritardo e sprecai due buone cartucce inglesi. Vidi però la pointerina lanciarsi al suo inseguimento finché non lo perse di vista, per ritornare da me subito dopo con un’espressione festosa dipinta sul muso. L’accarezzai, facendole i complimenti anche se non aveva né sentito né, ovviamente, fermato l’uccello, ma anzi gli era corsa dietro infrangendo tutte le sacre regole dei venerati Padri Dressatori: tuttavia lo faccio, perché non volevo lasciare in balìa esclusiva delle due maldestre fucilate il mio bisogno di farle capire che quella era selvaggina da perseguire. Ancora una parola gentile e la rispedii in cerca. Notai però un atteggiamento più circospetto, reso evidente dall’andatura appena rallentata e dal portamento della testa che adesso era invece costantemente più alta della sua linea dorsale. Probabilmente, se fosse stata una cucciolona di spinone o di bracco italiano, il comportamento sarebbe stato diverso ed avrebbe di certo percepito il folletto, se non proprio fermato, prima che questi s’involasse. Ma il pointer agisce secondo altri schemi, obbedendo ad impulsi che egli ritiene prioritari rispetto a quelli seguiti da altre razze. La costruzione e la mentalità da galoppatore sono uno strumento eccezionale, ma richiedono una certa mano da parte del cane che ne è dotato per poterlo sfruttare al massimo della potenzialità. Avvertii che qualcosa doveva essere accaduto nel sistema d’allarme della giovane cagna perché le circospezioni di cui sopra non erano frutto di stanchezza: la conoscevo troppo bene per crederlo.
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