Sempre di Wardle, è un bel terrier attorniato dai conigli che ha contribuito ad incarnierare. Il cane viene ritratto con il medesimo rispetto con cui si sarebbe dipinta una figura umana, dunque con la massima espressività e devozione possibili. Si intravedono alcuni cambiamenti stilistici, e alcune prospettive che guardano già al secolo successivo, pur mantenendo intatto l’ “allure” di sacralità conferita ala rappresentazione sportiva. Occorre dire che l’arte, così come la cultura, non si presta facilmente a essere blindata in modo ferreo nei limiti di una datazione o di un’area politico-geografica, ma abbisogna di essere guardata sempre con occhi strabici: uno rivolto al futuro, l’altro al passato. E’ chiaro che esiste una certa varietà di differenze tecniche fra i dipinti ottocenteschi e quelli dei primi tre decenni del secolo successivo, però possiamo notare come l’evoluzione sia stata graduale, accompagnata anche da ritrovati nuovi e magari dalla possibilità di servirsi più diffusamente di fotografie sempre migliori da poter riprodurre con puntigliosa maestria. L’importante è che si colga il senso globale del sentimento artistico di una nazione che nel campo degli sport di campagna non ha mai conosciuto rivali, né di qua, né di là dall’oceano.
E sembra proprio che vogliano darci il loro arrivederci, la splendida coppia di foxhound della figura 7, immortalati da John Emms nel 1899. Fortissimi, espressivi, morfologicamente perfetti, incarnano meglio di tutti lo spirito genuino della leggendaria Albione e dietro la loro espressione vagamente malinconica i due grandi atleti, protagonisti di mille inseguimenti, par che pensino: “God-bye, amici miei; speriamo che un giorno, in questa vita o nell’altra, potremo incontrarci di nuovo insieme, dietro la coda di fuoco di tutte volpi d’Inghilterra!”
Ottocento britannico – terza parte: la crasi perfetta fra arte e caccia
L'angolo della musaCondividi: