Il fagiano è un selvatico ubiquitario. Lo potremo trovare ovunque, all’apertura: dal campo dietro casa, all’alta montagna; dal canale di valle, vicino alle anatre selvatiche, o sulle colline ventose non molto distante dalle starne o dalle pernici. Insomma, laddove c’è una coltura in atto, foss’anche tabacco, potremo trovare il fagiano. Durante la prima ora di apertura solitamente si nasconde tra le erbe, nei campi, o fra le colture di cui si è cibato fino a quel momento, un po’ sospettoso ma non ancora pienamente consapevole di ciò che sta per accadergli. E, soprattutto le femmine, nonostante il trambusto di cacciatori e cani, rimarranno a pasturare “quasi” tranquillamente, fino a sole alto. I maschi saranno più guardinghi, e già dopo un paio d’ore cercheranno invariabilmente riparo nei fossi coperti da rovi, nei macchioni spinosi, ed in generale in tutti gli ambienti di cui si direbbe che non ci passa neanche uno spillo. Pare quasi lo che sappiano. Però tutti, chi prima chi dopo,
obbediranno ad un particolare istinto ancestrale, consentendoci così di identificare un comune denominatore di estrema utilità quando cominceranno a sparire dalle colture, o dai campi aperti: ovvero l’acqua. Difatti, da circa un’ora dopo dall’inizio delle “ostilità” fino al sopraggiungere delle ore più calde, possiamo individuare il periodo in cui i fagiani pedinano di più. All’inizio cercheranno rifugio in qualsiasi pertugio disponibile: una vecchia macchina agricola, l’annesso di una colonica abbandonata, o l’aia del vicino di casa. Poi, quando il caldo inizia ad essere davvero severo, i fagiani li troveremo dove c’è l’acqua. Teniamolo a mente, poiché anche noi, cani e cristiani, a quell’ora avremo bisogno di risparmiare ogni passo, ogni goccia di sudore, ogni grammo di energia.
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