La sua storia comincia in Olanda. Nel 1874, il giovane figlio di un importante armatore di Amsterdam, invasato da una feroce passione per i cani e la caccia, si mette in mente di creare una razza che potesse compendiare le qualità dell’antico Barbet, griffone francese di remota ed incerta provenienza, con le esigenze di una caccia più dinamica e sportiva, concettualmente mutuata da quella Gran Bretagna che con i suoi pointers e setters sta intanto diventando sempre più un punto di riferimento d’eccellenza per l’intero continente europeo. Egli, anche
coadiuvato da amici compiacenti ed aiutato da ponderose disponibilità economiche, comincia così a riunire un gruppo di soggetti sui quali lavorerà con competenza insospettabile per un giovane di vent’anni, e dai quali, da lì a poco tempo, otterrà una razza che sotto molti aspetti sarà destinata a condizionare buona parte della cinofilia venatoria europea.
I cani fondatori sono sette: Hectori e Mouche, entrambi di tipo barbet; Juno, una bracca di quasi certa origine spagnola, a pelo corto; Satan, un griffone tipo barbet di colore nero a macchie bianche; Banco, griffone dal mantello grigio acciaio; Vesta, di genealogia sconosciuta, ma probabilmente qualcosa di simile ad un langhaar; infine Donna, una cagna di non comuni doti venatorie che fonti importanti danno come una spinone italiana, mentre altre la qualificano come una griffona di color marrone chiaro.
Il secondo capitolo della storia del Griffone Korthals, è scritto decisamente in tedesco. Il suo creatore, trasferitosi con tutti i cani in quella zona da cartolina illustrata che è il granducato d’Assia, inizia le prove sul campo dando la stura alle scremature, accompagnate dalle conseguenti, inevitabili eliminazioni, ed intessendo al contempo una fittissima ragnatela di contatti con esponenti di spicco del mondo venatorio germanico. La prima selezione venne fatta su starne e fagiani: si cercò di estrarre dalle prime cucciolate tutta la rusticità possibile, patrimonio dello spinoso Barbet; si privilegiò la taglia media, si osservò che i cani con una minore lunghezza del segmento radio-ulnare, lungi dall’essere meno dotati offrivano invece un galoppo radente ed efficace, benchè non veloce. E quest’ultimo elemento si rivelò di notevole interesse nella battuta alle starne, laddove sarebbe stato arduo affrontare estesi territori senza un’azione fluida e costante. Si operò sul senso del selvatico in ambienti misti, caratteristici di quella zona della Germania dove viveva Korthals, offrendo ai cani la possibilità di affrontare tutte le situazioni e tutti i selvatici. La presenza di molta selvaggina da pelo, però, influì incisivemente sulla formazione del patrimonio genetico di questa razza. La presenza di lepri, cervi, caprioli e cinghiali non era vista come un problema, ma, nel più puro stile teutonico, come un’opportunità per creare un cane davvero polivalente.