Abbracci, strette di mano, complimenti e buon vino della casa che scorre a fiumi, ad accompagnare un pranzo rustico e saporito sui monti che dominano la mole del duomo d’Orvieto.
Siamo da Marco Antonini, il grande segugista umbro, ancora una volta dominatore della cinofilia cinghialaia nazionale. Con un’impresa senza precedenti infatti, il barbuto signore delle selve ternane ha messo in carniere due risultati memorabili, uno dietro l’altro, e con due differenti compagini canine. Infatti, sabato 22 febbraio a Orvieto, la sua muta di agguerritissimi segugi maremmani guidata dall’indomabile Pedro, e composta poi da Jerry, Buono, Patty, Fiamma e Ape si è aggiudicato il Campionato sociale Sips 2014 . La “squadra” di espertissimi segugi guidata da Pedro, ha scovato e inseguito magnificamente un difficile cinghiale dominando ambienti non certo facili come quelli delle foreste umbre, imponendosi su altre titolatissime mute e conseguendo un risultato d’indubbia importanza, tanto per il proprio prestigio quanto per la selezione della razza. Poi, a meno di ventiquattro ore di distanza, a Grosseto, Marco Antonini compie l’altra impresa: vincere nelle temibili forre maremmane il prestigioso Trofeo Mario Quadri con l’altra sua muta, quella di gascon santongeois composta da Fata, Bianca, Tuono, Volvo, Maia e Goccia.
In sostanza un’impresa storica, conseguita solo con la grande esperienza cinotecnica, l’infinita passione e la fenomenale determinazione di un uomo come Antonini, già campione d’Italia Fidasc 2008, che la caccia ed i cani li vive quasi come una missione.
“Ho iniziato ad interessarmi al cinghiale quand’ero ancora ragazzetto, dietro consiglio di mio nonno, un segugista lepraiolo che aveva intuito già all’alba degli anni ottanta come questo selvatico sarebbe stato il re della caccia nei tempi a venire. Andavo anche dietro al babbo, ma fu proprio il nonno a darmi le basi e, chissà, forse anche a trasmettermi geneticamente la passione per i segugi. Pensa che a tredici anni trovai l’orma di un grosso verro e ne rimasi talmente affascinato da andare a riguardarla ogni giorno per una settimana, soltanto per capire come poteva cambiare il suo aspetto col passare del tempo! Proprio qua sotto, nelle mie vigne.. ”.
Già solo questo potrebbe dare la misura dell’intensità del fuoco di Artemide che lo divora, ma anche della capacità di canalizzare questo dono in una superiore capacità d’osservazione e deduzione del campione orvietano.
Agire infatti con due razze, selezionandole entrambe, tanto diverse operativamente come i segugi maremmani e i gascon santongeois è difficile ed insidioso. Nelle battute di caccia pratica infatti, al di fuori dell’azione agonistica e selettiva, la sua squadra utilizza entrambi i cani, e con un successo davvero fuori dall’ordinario. Gli chiedo come e quanto è possibile far coesistere delle individualità con caratteri così marcatamente diversi. Mi risponde con decisione: “Certo che si può. Il sistema operativo dei segugi maremmani agisce su due livelli ossia l’aria e il terreno, è piuttosto sbrigativo e intuitivo e consente di risolvere molte situazioni. D’altra parte invece le modalità di acquisizione dell’usta dei gascon santongeois sono legate essenzialmente al terreno, ma in grado di scansionare anche le particelle fredde o molto inquinate da altri odori o annacquate da
umidità. Questo significa che, con il giusto coordinamento, le due razze si completano bene, offrendo un’azione efficace in tutte le situazioni della caccia pratica. E’ necessario però agire sulle individualità, sui singoli, selezionando bene i soggetti che saranno in grado sia di collaborare con cani dell’altra razza durante la normale attività venatoria, sia poi, al momento di partecipare ad una gara ufficiale in cui la muta giustamente deve essere monorazziale, offrire uno spettacolo classico e produttivo “.
La selezione sul campo è infatti un pallino di Marco Antonini, un impegno serio, basato sul suo vissuto di cacciatore e di cinofilo che proprio per inquadrare al meglio questo progetto, ha deciso di prendere l’affisso. I suoi cani infatti saranno tutti targati “del Pogrosso”, dal nome di un grande poggio che svetta sulle foreste di questa porzione d’Umbria, il quale, se potesse parlare racconterebbe infinite storie di cani formidabili, uomini coraggiosi e scuri, furibondi cinghiali.