La voce è un elemento di somma importanza nella valutazione generale di un segugio e nel giudizio che del suo lavoro può essere dato, al pari della capacità olfattiva, della sagacia e delle dotazioni costruttive e meccaniche. Possiamo affermare senza tema di smentita che nessun segugista con un minimo d’esperienza sia stato risparmiato dalla cattiva ventura di possedere un cane in difetto di qualità vocaliche: tutti, chi prima chi dopo, siamo incappati nel cane muto, o in quello logorroico, inopportuno o cacofonico.

Ogni razza possiede la sua musica, strettamente legata alle stesse attribuzioni endocrine che ne hanno determinato la costruzione generale. I cani con struttura pesante, abbondanza di pelle e assi cranio-facciali divergenti emettono una voce di timbro più baritonale, uno scagno allungato e potente fino, in casi estremi, ad essere un vero e proprio ululato. Generalmente sono cani con una prevalente tendenza alla microanalisi, instaurando dunque un legame più forte con il terreno che con l’aria. Da ciò conseguono colli e tronchi più lunghi, orecchie molto pendenti e canna nasale spesso palesemente montonina. Epigoni di queste tipologie sono i bloodhound ed i grand bleu de Gascogne.
All’opposto estremo troviamo segugi inglesi, come i foxhound, i beagle e gli harrier. Sono cani che esprimono la loro vocalità con scagni brevi, quasi abbaiati, emessi con un timbro da tenore e con un ritmo più incalzante che non i colleghi francesi di cui non eguagliano mai la forza vocalica. In pratica, più ritmo e meno potenza.
Fra questi due estremi esiste una gamma di variabili al centro della quale possiamo collocare il nostro segugio italiano, un cane che, ricordandosi di avere ancora qualche rivolo di sangue romano nelle vene, sembra volerci ammonire sul fatto che…in medio stat virtus!
La voce deve avere un tono variabile con la situazione. Immaginiamo di ascoltare un racconto da parte di un narratore che descrive tutte le situazioni con la stessa tonalità. Noteremo che, oltre ad aprire le porte alla noia, impedisce anche di far capire bene l’argomento di cui sta parlando poiché ogni avvenimento è descritto con lo stesso grado espressivo: un matrimonio lo racconta come un funerale e una battaglia la descrive come un tè fra signore.
La voce deve mostrare una frequenza variabile con la situazione. In nessun caso è accettabile, ad esempio, che il ritmo degli scagni in accostamento sia uguale a quello della fase d’inseguimento. In realtà si tratta di una caratteristica strettamente interconnessa con la precedente e difficilmente si trova un segugio che ossequi la prima e disattenda la seconda; però può accadere. Ho avuto un segugio che modificava il tono al cambio di situazione, ma il tempo fra un’emissione e l’altra rimaneva invariata anche se l’animale gli correva pochi metri davanti al naso.
La voce ci deve essere. Può sembrare scontato ma è un elemento importantissimo. Il segugio muto in pastura ci impedisce di vivere la situazione, di capire come sta andando l’accostamento e quindi, in sostanza, di partecipare attivamente all’azione di caccia. Il segugio muto, magari grande scovatore, è come un cuoco eccellente che però ci servirà le sue lasagne su un piatto di plastica.
Ricordiamo infine, che la voce è strettamente correlata agli ormoni endocrini che regolano la funzione sessuale. Questo vuol dire che prima di lanciarsi in valutazioni precoci, dobbiamo aspettare la maturazione fisiologica del cane, che può variare da sette otto mesi per le femmine di razze più precoci come i segugi italiani, fino ad anche due anni per i maschi dei segugi di grande taglia.
Quindi attenzione alle sfumature: ogni scagno emesso dal nostro cane è una comunicazione che lui emette al nostro indirizzo, presupponendoci in grado di capirla. Si tratta di un momento di amicizia e di un dono prezioso, del quale dovremo sempre dimostrare di essere pienamente meritevoli.