In numero della rivista “Diana” del 1967, spicca fra i molti articoli interessanti un bel “collage” di Lionello Mutti, il quale tratteggia con rara intensità gli attimi cruciali vissuti al cospetto di vari selvatici, dal comune fagiano fino al saettante beccaccino. Al di là del notevole pregio evocativo che le varie situazioni illustrate offrono, è interessante notare come in poche battute siano state ben colte le sfumature tecniche che a queste afferiscono. Rivediamone qualche schizzo:
“La cagna rimase immobile, come colta da una misteriosa paralisi per qualche secondo, poi un maschio possente esplose da un roveto lanciando il suo grido di sfida e insieme di paura…Piombò con un tonfo al suolo e vi rimase immobile con il capo fiammeggiante nascosto sotto un’ala semiaperta e la lunga coda, la cui estremità era sporca di fango, ripiegata contro un arbusto.” Molte volte si legge e si scrive di ferme e di frulli, ma raramente lo si fa riguardo alla posizione del selvatico piombato al suolo, soprattutto con tale maestria. Andiamo avanti con un altro segmento che costituisce il “patchwork” costruito da Mutti. Qui parla in terza persona e fotografa una cacciata ai germani, iniziando con l’attesa: “Dinanzi a lui il “chiaro”, livido, sempre uguale da quando, alcune ore prima, era entrato in botte; tutto durante la lunga attesa, era rimasto immutato: gli stampi che ormai conosceva a memoria….il canneto immobile nell’aria gelida e, più lontano, i campi semisepolti nella foschia”.
Firme d’una volta: attimi fuggenti
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