Per un deprecabile segno dei tempi la caccia, un tempo principale quanto episodica e scarsa fonte di proteine della popolazione delle campagne, con l’inaridirsi degli ATC ormai popolati quasi solo dai lanci di selvaggina e pressoché privi di selvatici veri e ruspanti, si è principalmente rivolta agli ungulati, cinghiale tra i primi, oppure è tornata ad essere nobile sport di gente che in generale può spendere. Da qui lo sviluppo dei viaggi venatori, occasione interessante per avvicinare altre culture che tuttavia può porre qualche problema. Ad esempio, occorre portare all’estero il fucile. Nella Comunità Europea i problemi, pur presenti, possono essere mitigati dalla carta europea d’arma da fuoco e al di fuori dell’UE le agenzie di viaggi venatori danno una efficace assistenza. Quello che si deve risolvere individualmente è il trasporto materiale del fucile, specialmente se di pregio. Se la destinazione estera si raggiunge in automobile, basteranno buone custodie imbottite a proteggere la nostra arma, ma se occorre un viaggio aereo andiamo male. Il fucile deve viaggiare in stiva e vi sono aeroporti tristemente famosi per la scarsa cura con cui si maneggiano i bagagli; ciascuno di noi ha avuto maggiori o minori esperienze negative, ma quasi nessuno ne è andato privo. Inoltre anche il contenitore più protettivo, cioè la cassetta in cuoio e legno di quercia munita di copricassetta in tela robustissima dei vecchi fucili express, oggi è un elemento di pregio la cui presenza accresce il valore di un finissimo fucile d’epoca. Vi fidereste ad affidarla a chi movimenta i bagagli in un aeroporto? Io no.
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