Il vecchio bottegaio era già in piedi malgrado ancora non fossero suonate le quattro. Era sceso nel suo negozio barcollando su ognuno dei venti gradini in legno che collegavano questo con l’appartamento soprastante, ed aveva incominciato a fare ordine per prepararsi convenientemente alla giornata. Era solo un pretesto per mascherare la sua angoscia, poichè non è che ci fosse davvero bisogno di quella levataccia antelucana: i clienti ormai non erano più quelli d’una volta ed ogni giorno che passava sembrava confermare che la situazione non desse alcun indizio di voler mutare.
“Per i piccoli paesi non c’è più un futuro..” ripeteva “..tutti nelle città. Tutti a respirare quelle boccate di veleno. Eh già, ma li ci sono le industrie; lì ci sono i marchi, i divertimenti, la vita moderna!”. Klaus Grohmann aveva quasi settant’anni e la sua vita non era stata felice: casa e bottega, bottega e casa; qualche rara festa di paese a cui ormai non andava neanche più; ogni tanto una visita ad una vecchia zia, ormai defunta, in un borgo vicino. La moglie era una brava donna che gli aveva dato due figli, caduti entrambi in Africa “..con Rommel” come sottolineava sempre lui aggrappandosi a quella modesta ancora d’orgoglio per non sprofondare nella disperazione, ma il dolore di ciò era stato troppo per lei, rendendola preda di un male oscuro e insondabile. Per il vecchio Klaus, l’unico spiraglio sereno in quell’orizzonte di desolante grigiore era stato, ed era rimasto la caccia. Aveva una
piccola pudelpointer marrone e lanosa per la quale nessuno, vedendola accovacciata accanto al bancone di vendita, avrebbe dato un pfennig. Si chiamava Frida, aveva all’incirca sei anni ed era una cacciatrice straordinaria. Grohmann l’aveva trovata sul bordo di una strada che attraversava il bosco, piccola come un coniglietto e ridotta meno di uno straccio dalla mancanza del latte materno di cui ancora abbisognava. Era una giornata piovosa e talmente fredda che pareva l’avesse mandata il demonio e non Iddio, e la cucciola di certo sarebbe morta se lui non si fosse trovato a passare da lì in quel momento con l’autocarro ed il suo occhio di cacciatore non gli avesse fatto notare quello strano animaletto scuro. Il bottegaio, che aveva perso da pochi mesi Uto, il suo kurzhaar beccacciaio dopo quasi tredici anni di fruttuosa collaborazione, ebbe il dono di un’intuizione che nemmeno lui seppe mai spiegare e decise di tenere con sè quel mucchietto d’ossa infreddolite.
LE BECCACCE DI FRIDA
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