Parlando di caccia non può essere ignorato un momento assolutamente significativo che attiene ad essa, ovvero il recupero ed il riporto della preda.
Ogni cacciatore con un minimo d’esperienza avrà certamente vissuto le frustrazioni disperate di vedere un capo ferito che non viene recuperato, oppure uno abbattuto e perso perché precipitato nell’acqua fonda che il cane non se la sentiva di affrontare. E’ capitato a tutti, inutile negarlo. Ovviamente ogni razza sforna degli splendidi recuperatori e riportatori, ma nel caso del drahthaar possiamo affermare che più che un “optional”, si tratti di una vera e propria dotazione di base. Eccellenti capacità mnemoniche, grande passione per il selvatico, soprattutto, a mio avviso,
quello di una certa taglia come appunto potrebbe essere il fagiano, uniti ad una costituzione d’acciaio rendono questo cane davvero implacabile nel recuperare. In Germania, tre anni or sono, mi è accaduto di vederne una coppia all’opera, durante una battuta mista, insieme con altri tre cacciatori. E’ vero che si trattava di soggetti “pluridecorati” e che forse la media è un tantino più bassa, ma è altrettanto vero che per i miei colleghi germanici si trattava semplicemente di ordinaria amministrazione. Uno dei due, un maschio roano nero di notevole struttura, fermò un fagiano che dopo il frullo venne malamente scarseggiato e perdette quota in un campo di cavoli con un’ala rotta. La compagna di coppia, che aveva operato un buon consenso, venne bloccata da un fischio perentorio e legata al guinzaglio, mentre il cane fu inviato al recupero. Espressi i miei dubbi agli amici, sostenendo che il fagiano era stato ferito sì, ma era perfettamente vitale e sarebbe stato in grado di coprire a piedi distanze inimmaginabili.
DRAHTHAAR: IL SERGENTE DI FERRO…
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