
lo strumento con quanto fornito in dotazione. Se il prodotto è buono, devono aver pensato che non occorrono gadgets
Un altro test cattivo, già che ci siamo, è quello sulla meccanica. Prevede che si blocchi il cannocchiale in modo che non possa muoversi e si guardi con attenzione al massimo dell’ingrandimento per vedere dove lo strumento è puntato. Poi, senza muoverlo, si danno 15 click in alto, 15 a destra, 15 in basso e 15 a sinistra e ci si guarda dentro. Deve essere puntato esattamente dove era prima, come è avvenuto in questo caso. Si può fare anche sparando, ma si fa molto più rumore e c’è sempre la possibilità che un errore del tiratore o una cartuccia non del tutto uguale alle altre rovini l’osservazione. Il test può sembrare banale finché non sia fatto in modo esteso; è sorprendente il numero di strumenti anche blasonati che non lo superano. Poi si può sempre provare, come ho fatto, con 20 click azionati in fretta, il che è anche un test sulla meccanica: test regolarmente superato. Esaurite le due maggiori cattiverie, siccome sono andato un po’ avanti, ripartiamo dall’inizio, cioè dalla confezione. Nell’elegante scatola in color argento del Leica Magnus 2,4-16×56, protetta da una scatola esterna in cartoncino chiaro, ci sono solo il cannocchiale, con protezioni anteriore e posteriore per le lenti, la batteria dell’illuminatore del reticolo, la garanzia e un manuale di istruzioni. Null’altro; Leica non è famosa per sovrabbondanza di gadget.
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