Questa infatti è la seconda conclusione: un segugio esperto ed intelligente che sia eccellente inseguitore, ha avuto senz’altro modo di verificare almeno un paio di volte come risulti molto più conveniente rimanere sull’animale scovato piuttosto che andar dietro ad una pericolosa chimera costituita dalla traccia di un altro, levatosi dopo per conto suo. Tante volte ha esperito questa situazione e dunque nel suo cervello ben funzionante si è instaurata la consecutio temporis che gli impedisce di compiere l’errore e di rifiutare quindi il sireneo cambio. Il segugio inesperto, per ovvie ragioni, può con maggiore facilità essere indotto a seguire la nuova traccia, anche se per fortuna questo non sempre accade, altrimenti, com’è logico, non potrebbe mai trasformarsi in cane esperto. Nei nostri segugi è ancora molto vivo il ricordo ancestrale dell’esperienza dei loro progenitori, quando, migliaia d’anni or sono avevano capito che per sopravvivere era meglio andar dietro allo stesso animale cacciato, piuttosto che passare da uno ad un altro col risultato di stremarsi di fatica.
Il cane poco dotato di cervello o di costruzione, incapperà invece sistematicamente nell’errore. Se carente fisicamente cercherà appiglio a quel che gli appare più raggiungibile; se povero di cervello non potrà che affidarsi al naso, il quale gli suggerirà la subdola traccia fresca, che pur se meno intensa, gli fornirà l’impressione di avere più vicino il selvatico senza riuscire a far tesoro di una situazione e a riconoscerla successivamente, valutandone tutte le implicazioni.
Questa possibilità di discernimento non vuol dire la sicurezza di avere un cane che non sbagli mai, perchè in nessuna branca artemidea come la segugistica questa parola ha significato relativo, ma, lungi dall’essere solo istinto o eredità genetica, è una concreta, osservata facoltà di cui dispongono i nostri amici cani e che ogni tanto manca proprio a molti di noi che camminiamo su due zampe.
IL GRAN RIFIUTO
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