Le mie personali conclusioni alla questione del cambio e del suo rifiuto sono due e ben interagenti fra loro. Vi sono giunto dopo aver cacciato con segugi di razze svariate in quattro diverse nazioni, e dopo aver elaborato riflessioni a seguito di scambi culturali, letture ed esperienze molteplici. La prima di queste conclusioni è che l’emanazione appare senza dubbio più forte nell’animale
straccato, in particolare se si tratta di lepre, ma che l’afrore di una traccia fresca determinata da un cono di fiato più allungato e più freddo che precipita al suolo più velocemente, esercita un richiamo irresistibile soprattutto su quei cani maggiormente tendenti a seguire le piste basse, come i segugi francesi e, in misura minore quelli italiani, potendo determinare in essi l’errore del cambio. I segugi inglesi, quasi disinteressati a questo tipo di avvinzioni, vengono al contrario stimolati da piste alte, ovvero a base di quelle emissioni di fiato di cui abbiamo parlato, le quali costituiscono l’unico viatico serio per il segugio in fase d’inseguimento. Dunque in questo caso è chiaro che un animale levatosi da poco e che non ha ancora il fiato corto, che vuol dire molto caldo, emesso a brevi intervalli e formato da nuvolette piccole e volatili, non sarà in grado di distoglierli dalla pista giusta. Si supporrebbe dunque che essi siano meno inclini a cadere nel cambio rispetto alle altre razze, però deve sussistere obbligatoriamente la condizione che i cani abbiano mantenuto un adeguato ritmo d’inseguimento, poichè diversamente tenderanno anch’essi, come i cugini latini, ad abbassare il naso a terra cadendo con facilità impressionante nel temuto errore con in più l’aggravio, diversamente da questi ultimi, di non disporre nemmeno dei mezzi olfattivi adeguati per poter eventualmente recuperare sull’animale. Come vediamo, si tratta in parte di una questione razziale, che si associa però alla componente dell’esperienza e del grado intellettivo.
IL GRAN RIFIUTO
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