La più forte delle tentazioni per un segugio in inseguimento è rappresentata dall’evento di un altro animale della stessa specie di quello braccato che, mossosi per cento motivi successivamente al primo, attraversa la sfera visiva oppure anche solo olfattiva del cane. Se viene visto, la possibilità che il segugio gli vada dietro sono elevatissime anche quando si tratta di un cane esperto, a qualunque razza questo appartenga, e il discorso, se vogliamo rimanere intellettualmente onesti, si chiude così. La faccenda è diversa quando invece la traccia è solamente odorifera. In questo caso l’esperienza ed il raziocinio del cane di valore hanno buone possibilità di spuntarla su quella che, ricordiamolo, rappresenta comunque uno stimolo di enorme potenza evocativa.
Le scuole di pensiero sull’argomento della qualità del sentore emesso da un animale fresco rispetto ad uno già parzialmente straccato sono differenti, a volte presentando dei curiosi elementi d’irrazionalità. Voglio citare solo due esempi per focalizzare il dilemma, ma ce ne sono davvero tanti altri. Toussenel, nel suo “Esprits des betes” giudica meno acuta la traccia di una lepre inseguita a lungo rispetto ad una levatasi da poco e giustificando in questo modo l’infausta evenienza di un cambio su traccia olfattiva. Al contrario, il britannico Jack Ivester lloyd, grande padre della caccia moderna, appariva di opinione opposta nel suo “Hounds” quando teorizzava una maggiore gravezza dell’emanazione lasciata da un animale affaticato rispetto ad uno ancora fresco. Questi maestri, ma altri come loro, da Buchanan-Jardine a Zacchetti, da D’Yauville al più moderno Fioravanti, da veri sapienti hanno avuto cura di non dogmatizzare completamente un argomento che in gran parte sfugge alle possibilità di valutazione umana, e che per quante porte ci si affanni a chiudere lascia sempre qualche spiraglio d’inconoscibile aperto, quasi ad invitare ad osservare meglio e più a lungo.
IL GRAN RIFIUTO
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