Cos’è il rifiuto del cambio? A beneficio dei meno esperti, che spesso sono quelli che hanno maggior voglia d’informarsi, identificherò questa situazione definendola come la capacità del segugio di seguire la scia odorosa del selvatico cacciato e di rimanervi pervicacemente avvinto, anche quando dovesse incrociarne un’altra che appartiene ad un esemplare della stessa specie, levatosi invece per caso o per effetto della paura. Il segugio esperto rifiuta, appunto, di cambiare animale sapendo bene che il primo gli offrirà molte più possibilità di potervi affondare le zanne.
Orbene, nella realtà pratica questa situazione che indubitabilmente rappresenta l’optimum comportamentale per un cane di una certa vaglia, non è così frequente da ritrovare, né, quando ciò accade, semplice da spiegare.
Quando dopo lo scovo, o l’individuazione se non si tratta di caccia alla lepre, un selvatico viene inseguito, questi incomincia a correre per frapporre quanto più spazio gli è possibile fra sé ed i cani persecutori. Come sappiamo e com’è facile intuire, il fuggitivo tenta questo guadagno di spazio nell’unico modo consentito dalla natura, ovvero correndo a gambe levate nella direzione che ritiene più adatta a far perdere le proprie tracce. Per muoversi a gran velocità, le leggi della fisica dinamica c’insegnano che l’animale deve toccare il meno possibile il terreno e, non disponendo di ali, per poter fare questo deve allungare il proprio corpo facendo rapida leva attraverso le zampe. Appare logico che questo modo di procedere lascia pochissimo odore su erbe e terra, poiché i tempi di contatto sono brevissimi e interessano spazi molto piccoli, posizionati, per aggiunta, ben distanti l’uno dall’altro.
IL GRAN RIFIUTO
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