Mutti va avanti con il suo cortometraggio, e descrive così il primo centro ai germani: “L’anitra piombò giù sollevando un grande spruzzo e stampando sull’acqua un cerchio che si andava via via allargando proprio vicino ad uno degli stampi, che oscillando sembrò guardarla con sgomento.” E anche qui, il fotogramma dello stampo che “guarda” il cadavere del germano vero è una trovata intuitiva veramente fuori dal comune. Passiamo al beccaccino: “Sui bordi del fossatello si scorgevano alcune macchie biancastre che il giorno prima non c’erano. Il mio compagno mi spiegò che erano arrivati i beccaccini e che quelle erano le loro fatte…..Il primo beccaccino partì ma io non fui abbastanza pronto a tirargli. Il secondo aspettò che lo sorpassassi, poi scattò sulla mia sinistra; questa volta fui veloce a sparare ma lo sbagliai con entrambi i colpi ed il beccaccino se ne andò con un grido di scherno..” Ditemi a chi, cacciando il veloce trampoliere non è accaduta la stessa cosa,
provando così quella indescrivibile sensazione di rabbia, stupore e ammirazione per quel selvatico beffardo e simpatico al contempo. Finalmente il nostro Mutti riesce a colpirne uno: “ Mi precipitai a raccoglierlo temevo di averlo soltanto ferito e di perderlo; invece la bestiola era là che mi aspettava, con il ventre bianco in aria, il capino reclinato ed una posa molto composta, che dava l’idea di una morte dignitosa.”
Sono questi, quegli attimi fuggenti che ogni cacciatore dovrebbe essere in grado fermare per sempre, cogliendoli con amore dal grande libro della Natura.
Firme d’una volta: attimi fuggenti
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