E laddove i suoi consimili di basso lignaggio hanno trotterellato pascolando, fingendo un impegno di cui non sono capaci ed ingannando il cacciatore con fittizie esplorazioni di rovi ed argini, al vero setter inglese basterà una presa di naso, una regolata agli strumenti di bordo, e raderà i campi e gli ambienti valutando ogni sito, discernendo al volo uste vecchie da quelle fresche, entrando nel folto e nello sporco quando realmente c’è qualcosa che merita un approfondimento d’indagine, quindi uscendone con lo stesso ardore per riprendere la cerca. E dopo qualche
incrocio del terreno mai sterilmente geometrico, magari avvertirà qualcosa, un’ombra, un alito, e cadrà in un abbozzo di ferma mentre il nostro cuore si arresta, e da quel filo risalirà sicuro come guidato da un bussola. Poi una discesa per un fosso, una risalita, un rientro a lato ed un altro allargamento fino a “sedersi” immobile, là, in fondo al campo davanti a quel gruppo di gelsi, dove all’andata avevano ciancicato cacciatori bercioni e cani furbastri, e dove tutto potevamo aspettarci meno che quello. Però, l’antagonista è di quelli seri: pedinerà nel fosso correndo come una lepre, si fermerà e poi riprenderà la fuga, seguito dal nostro setter che gattonerà come un felino in caccia, morbido ma inesorabile, prudente ma pervicace, attento a lui ed a noi nello stesso tempo. E noi, con le mani sudate nonostante dicembre, e gli occhi lucidi malgrado l’esperienza, in quel momento saremo nel nostro paradiso personale, mentre la coda frangiata ed il naso rampante del cane, granitico ma bollente come un vulcano, formano un arco, esorcizzando in un soffio le tristezze della “vita terrena” : il pranzo dalla suocera, il commercialista, il tamponamento dell’auto nuova, e ogni altra contrarietà, scompaiono come per magia.
Una magia il cui effetto non si esaurirà quando, dopo la botta , la caduta nel frascame del canale in piena ed il suo recupero da parte del cane, metteremo in cacciatora l’agognato pennuto, ma continuerà ad aleggiare intorno a noi ogni volta che accarezzeremo il mantello setato del nostro setter inglese, sentendoci, in quel preciso momento, gli uomini più fortunati del mondo.







