Nella caccia al re della macchia, gli anglofrancesi hanno fin dal primo impiego fatto valere quella che è certamente la loro arma da battaglia elettiva: la decisione, ovvero la capacità di mettere in campo un intero complesso di doti e caratteristiche, e di saperle armonizzare per farle rendere al meglio in ogni fase della battuta. Il naso, di eccellente qualità analitica, consente a questi segugi di individuare con facilità la pista notturna del cinghiale, tendendo però sempre a lavorare su quella che ritengono più calda. Questa è una sfumatura mutuata pienamente dal sangue inglese, molto più pragmatico e predatorio di quello transalpino, ma che innestata sulla raffinatezza di quest’ultimo consente ai canettieri di impostare la battuta con un notevole mixage di precisione e rapidità. La passata, usando un termine “lepresco”, viene dipanata con una bella voce dai toni medio bassi e dal ritmo solo moderatamente abbaiato, gradevole ed espressiva. Non ci mettono molto ad arrivare sulla lestra o sul branco. E qui entra in gioco il coraggio: se il verro è di quelli tosti e non vuol saperne di abbandonare il suo rifugio, gli anglofrancesi daranno vita ad uno spettacolare velocissimo carosello con un sottofondo di abbai ululati e di guizzi in avanti che mimano un’aggressione. Non è da tutti cani farlo, e soprattutto poterlo fare con quella classe ed efficacia. In poco tempo costringono il cinghiale ad una fuga precipitosa.
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