Doubly partì con lo scatto dei suoi anni migliori, ma non era più assolutamente in grado di galoppare. Il ragazzo lo incitava continuamente, ma il vecchio cane lo guardava con l’aria che solo gli anni ed una vita di esperienza possono conferire. Non aveva bisogno d’incitamenti: il suo giovane amico non poteva sapere quanto egli desiderasse andare a caccia, e quanto soffrisse ogni volta che uscivano senza di lui. Il suo manto non aveva più lo splendido mogano di una volta, ed i suoi muscoli erano piatti e legnosi. Circa l’olfatto, chi mai poteva saperlo? Neanche lui stesso. Era molto tempo che stava a casa senza più assaporare nelle narici quei profumi che aveva magistralmente individuato e distinto nel passato. Ma negli occhi del vecchio setter irlandese c’era la stessa sfumatura di luce che vi si poteva scorgere negli anni verdi. Quella, era una caratteristica che neanche il tempo aveva osato sottrargli.
Trotterellando lentamente ma senza sforzo, Doubly portò il ragazzo sulla prima beccaccia. Il cane , a differenza degli altri, ricordava perfettamente i posti e le buttate buone e ci arrivò
con la memoria e con la determinazione, prima che con il naso. Andy sparava bene, il bosco era pulito e la prima beccaccia entrò nel carniere. Se ci fosse stato suo padre, probabilmente avrebbe pianto di gioia. Un’ora più tardi, senza accusare lo sforzo, Doubly puntò una seconda volta, ritto sulle zampe e con la coda ciondoloni, ma fermo in maniera inequivocabile. La piccola beccaccia si levò saettante da un corbezzolo dirigendosi verso il bosco ed Andy tirò tutt’e due le cartucce, mancandola di poco. Doubly però, sapeva dove si andava a rimettere un uccello quando si levava da quel posto. Lo sapeva con certezza. E fu lì che si diresse , con trotto lento ma sicuro, trascinandosi dietro il ragazzo che stringeva euforicamente il fucile.
Storie di caccia: ” Il dono più bello”
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