Dunque l’ottima resa sul fagiano e nella caccia pratica in genere deriva da là, differendo, anzi divaricandosi in questo dal pointer che tra i suoi geni annovera invece cospicui afflussi sanguinei di levrieri e segugi. Il setter inglese, quello vero, non avrà mai alcun problema nell’affrontare una cacciata ai fagiani, ancorché difficile e su terreni impervi, perchè per lui, benché atleta uso al galoppo, sarà come attuare un programma che il suo “software” contempla e che non è stato mai disinstallato, usando una parafrasi informatica. Il suo ardore fluido e supportato da una passione atavica per il selvatico nonché il suo naso eccellente collegato a doppio cavo con il cervello, lo renderanno sempre un vincitore del terreno e delle circostanze e la sua costruzione lo porterà naturalmente ad economizzare le energie e ad ottenere comunque un’andatura utilmente celere anche negli ambienti di margine. Il connubio fra andatura, olfatto e cervello, gli consentiranno di battere con molta efficienza vaste zone anche quando l’aria è ferma e l’usta è confusa tra cento altre. L’andatura e la costruzione sono ovviamente interdipendenti, costituendo l’altra chiave dorata del successo di questa
razza: la radenza è imposta dalla sua meccanica vantaggiosa, e la cinetica fluente che ne deriva sono caratteristiche che lo affrancano da una ombelicale relazione con il vento, rendendolo eccellente in ogni circostanza. La maggior propensione all’analisi rispetto al pointer ed il suo sistema di guidata morbido, gli permetteranno di avere la meglio anche in caso di incontri con assatanati pedinatori. Nella maggior parte dei casi la media nella distanza di ferma sul fagiano è inferiore rispetto al cugino a pelo raso, e tuttavia il numero di conclusioni positive in caso di fuga, ossia il frullo finale a tiro di fucile e non di binocolo, sono maggiori nel setter. Si torna là: il setter inglese dipende un pò meno dal vento, ed ha la giusta mentalità per trattare con umiltà e profitto anche un’emanazione che non sia esattamente un guanto di sfida sul muso, come invece predilige il pointer.
Al vero setter basterà una presa di naso, una regolata agli strumenti di bordo, e raderà i campi e gli ambienti valutando ogni sito, discernendo al volo uste vecchie da quelle fresche, entrando nel folto e nello sporco quando realmente c’è qualcosa che merita un approfondimento d’indagine, riuscendone poi con lo stesso ardore per riprendere la cerca. E dopo qualche incrocio del terreno mai sterilmente geometrico, magari avvertirà qualcosa, un filo, un alito, e da questo risalirà sicuro come guidato da un bussola. Una discesa per un fosso, un rientro a lato ed infine un altro allargamento per poi “sedersi” immobile, là, in fondo al campo davanti a un gruppo di gelsi. Il fagiano pedinerà, si fermerà e poi riprenderà la fuga, seguito dal nostro setter che gattonerà come un felino in caccia, morbido ma inesorabile. E mentre la sua coda frangiata ed il naso rampante formeranno un arco esorcizzando per qualche istante ogni terrena contrarietà, noi, con le mani sudate nonostante il freddo e gli occhi lucidi malgrado l’esperienza, saremo nel nostro paradiso personale sentendoci in quel preciso momento gli uomini più fortunati del mondo.
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