Il setter inglese è un bel cane: di media taglia, di aspetto dolce e dal temperamento vivace, sa far tutto molto bene, che venga chiamato a spaziare su vaste estensioni alla ricerca di qualche starna, o che gli venga richiesto di battere con dovizia il monte o il padule, o ancora che lo si adatti a sfrascare nel sottobosco. Ha una notevole potenza olfattiva, una grande reattività, ed uno spirito di collaborazione davvero commovente, anche se la buona metà di quelli che si vedono a caccia, sono solo la brutta copia, morfologica e funzionale, del “vero” setter inglese. L’enorme diffusione della razza, come accennavo partita in sordina e molto dietro al pointer fino agli anni
sessanta, ha fatto sì che la qualità media dei prodotti si abbassasse fino alla pericolosa soglia dell’insulsaggine e della bruttura e i cacciatori italiani, conquistati all’inizio da quel compendio di buone qualità che era il setter inglese del dopoguerra, sono stati nel medesimo tempo carnefici e vittime di questa razza. Il sessantacinque per cento dei cani che all’apertura della caccia lavorano in campagna sono setter inglesi ed il novantanove per cento di chi si accompagna ad un fermatore cerca soprattutto il fagiano. A questo punto potremmo avere l’impressione che questa razza sia l’optimum anche sul gallinaceo, ed in effetti, pur non centrando pienamente il bersaglio, non sbaglieremmo di molto. Vediamo perché.
BRITANNICI A CONFRONTO: COPPIA D’ASSI SUL FAGIANO..
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