Scriveva Camillo Valentini, il leggendario Picchio Verde, nel volume “Il bracco italiano” di Paolo Ciceri: “Il bracco italiano, a casa nostra, e in buona parte del Continente Mediterraneo, si adatta meglio di ogni altro congenere alle sue funzioni ausiliarie nei vari terreni e su ogni specie faunistica per cui si suole del cacciatore usare il cane da punta. La massa dei cacciatori italiani ritorni a prediligere il suo cane nazionale e solo allora di fronte alla serietà dei tangibili risultati raggiunti, l’accademia direttiva e le affermazioni apodittiche cederanno alla constatazione ed i detrattori interessati ad alimentare i fatui entusiasmi d’una moda effimera, ravvivata dalla facile speculazione commerciale, dovranno tacersi di fronte
all’evidenza di una efficienza fisiologica riconquistata da una razza un tempo famosa, caduta poscia in declino ed infine per volontà e amore di chi mai tralasciò d’averla a cuore, rifiorita a nuovo, splendore per la gioia di tutti coloro che come noi sempre l’amarono e mai riuscirono a dimenticarla.”
In buona sostanza allora, non può sfuggire come la morbida fluidità d’azione, la costante analisi della situazione, l’adozione di atteggiamenti prudenti con non comune capacità gestionale dell’usta, rendano questo cane da ferma qualcosa di molto più che questo. Cacciare con lui è come montare su un destriero fidato e forte, o come sorbire un buon caffè con un amico sincero: sa di buono, di vero, riporta ad una dimensione che ormai non esiste più se non nei meandri della nostra anima, ma di cui talvolta possiamo assaporare qualche antica armonia, se sapremo coglierla negli occhi e nel naso di un cane come il grande bracco d’Italia.
BRACCO ITALIANO : IL NASO D’ITALIA…
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