I cani di cui raccontavo sopra erano dei briquet griffon vendèen: una razza creata incrociando grand e basset griffon vendèen, ed infondendo successivamente delle buone lame di sangue “briquet”. Queste lame sono servite grandemente allo scopo di recuperare le qualità di quei meticci, i briquet appunto, dotati di un’intelligenza e di una rusticità in grado di fornire la base per una polivalenza ed un’adattabilità d’impieghi a tutta prova. Il naso, che tutti i segugi francesi e quindi anche i griffoni, vedono in varia misura ben legato alla traccia, è stato così addizionato da un ottimo
cervello mantenendo senza problemi un congruo grado di addestrabilità. Una muta di vandeani è un’entità dinamica, pur se a volte un po’ sopra le righe ed incline a perdersi dietro caprioli o istrici, che coniuga con successo velocità e precisione sulla pista, e lavora con una buona cadenza di scagnata, anche se a mio avviso inferiore per espressività e ritmo a quello dei segugi italiani. L’azione a fermo è un punto di forza inattacabile: è forte, intensissima, e si esprime con un ululato che parte però con un abbaio e termina un po’ tronco sulla nota ancora vibrante, senza il prolungamento quasi nasale, ad esempio, dei Grand Bleu. Il tono è medio-basso, anche se in qualche soggetto, almeno in qualcuno che ho avuto modo di vedere all’opera, la nota può apparire un po’ velata da tonalità stridule, che evidenziano senza meno l’infusione con quei briquets che hanno contribuito alla formazione della razza. Il sangue non mente mai, nel bene o nel male che sia.
GRIFFONI : DUELLO A ZANNA TRATTA
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