Continuando ad avanzare verso la magione, tuttavia , il buon amico aggiunse altri particolari su di essa. Quella casa aveva qualcosa che non andava, o che andava diversamente da come avrebbe dovuto. Erano accadute molte cose non esattamente ordinarie, lì intorno. Niente di tragico, ma piccole cose strane e tutte più o meno legate al mondo della caccia. Mi raccontò della volpe con la testa nera, che appariva e scompariva a suo piacimento, e di quando i cavalli della Società di Caccia di Coakham, rifiutarono di entrare nelle aie fra quei muri caduti e ricoperti di muschio, mentre l’intera muta di cani aveva girato intorno ai resti del fienile per almeno cinque o sei volte , senza che nessuno capisse dove fosse l’animale inseguito, o potesse vederlo.
Io a queste storie credo poco. Provo interesse nell’ascoltarle, ma solo come un piacevole diversivo alle conversazioni più comuni. Tuttavia, devo ammettere che avanzando dietro i cani, peraltro per nulla intimoriti o turbati da alcunché, provai un senso di soggezione, e se avessi dovuto giudicare dal colorito l’amico accanto a me, avrei giurato che fosse preda delle stesse emozioni,. Il largo spiazzo inerbito che si apriva davanti all’ingresso di Casa Ilvaine fornì ad Hazel e Whisper il pretesto per allargare un po’ la cerca, arrivando a toccare le grandi querce che delimitavano la sua pertinenza. Hazel a destra e Whisper a sinistra, battevano la vasta area arrivando a congiungersi nella parte centrale. Ma sia io quanto il mio amico Stanley non pensavamo più alla caccia ormai. L’antico fascino di quelle vestigia, in quel luogo meraviglioso, e il sottile insinuarsi dei racconti dell’ amico fra le pieghe della mia mente, avevano avuto la meglio sull’interesse per il lavoro dei due eccellenti setters biancomarroni. Tutto ciò fino a quando, stagliandosi esattamente contro il buio del maestoso portale privo di
chiusura , Whisper non entrò in ferma , ricevendo un attimo dopo il consenso della compagna. Noi ci guardammo per un istante l’un l’altro, quasi a voler dire qualcosa che entrambi sapevamo, e che ci intimoriva. Prendemmo posizione vicino ai cani ed aspettammo che questi risolvessero da soli. Davanti a noi c’erano solo delle alte erbe e qualche cespuglio di rovere ancora giovane. Nessuno di noi osò formulare ipotesi o azzardare congetture. Guardammo i cani, immobili con le loro code ben in vista ed i colli protesi verso l’alto per poter dominare l’emanazione . Dopo lunghi istanti di attesa, l’amico Stanley decise di comandare la forzatura del punto, per mettere in ala ciò che i cani stavano fermando, qualsiasi cosa esso fosse stato. Il setter avanzò di un paio di metri, e poi si fermò di nuovo. In quel momento il fragoroso sfrascare di una beccaccia che si alzava verso la casa ci fece trasalire. Era lei, ancora una volta! La beccaccia con la testa blu. Sparammo entrambi coprendola perfettamente con le rosate dei pallini, ma lei continuò a volare dirigendosi verso l’antro scuro della casa. Riprovammo, senza più preoccuparci di rispettare le giuste precedenze, e lei continuò a fluttuare velocemente come se solo un soffio d’aria l’avesse attraversata. Entrò nel portone buio, e scomparve alla nostra vista. Senza frapporre ulteriore tempo e senza profferire parola, il mio amico richiamò i cani a sé direttamente dalla posizione di “terra”, li legò, e con una certa sollecitudine ci allontanammo da Casa Ilvaine, e dalla sua beccaccia con la testa blu.. “
IL LORD E LA BECCACCIA
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