Ci incamminammo verso la sommità di una piccola collina su cui sorgeva un boschetto di noccioli e l’amico cominciò a presentarmi i posti, descrivendomi quale sarebbe stato l’itinerario che avremmo seguito. I cani battevano molto bene il verdeggiante terreno in salita, dimostrando di conoscere sia la zona che il proprio mestiere. Che luoghi magnifici! Ogni collina aveva il suo bosco che si diluiva dolcemente nell’erba dei versanti. Grandi querce secolari si ergevano di quando in quando dai campi e l’argine erboso del piccolo Galway sembrava un filo che cuciva un’insieme di stoffe meravigliose. Quando arrivammo in cima alla collina ed entrammo nel boschetto di faggi, Hazel iniziò a percorrerlo nella sua larghezza perfettamente consapevole che adesso l’ambiente era mutato, e che occorreva una prudenza maggiore che non sul campo aperto; il suo compagno si dispose a fare la stessa cosa, sotto l’attenta direzione del mio ospite. Ero sinceramente compiaciuto nel vedere l’efficienza dei due setters, ed il loro modo di lavorare morbido e fluido. La mia ammirazione crebbe ancor di più, quando in capo a mezz’ora Whisper fermò improvvisamente vicino ad un cespuglio di agrifoglio. La sua coda era ben alta, e
l’immobilità assoluta garantiva la sicura presenza della selvaggina. Il mio amico ed io ci avvicinammo al setter, ed io potei osservare che nel frattempo anche Hazel, la cagna, aveva operato un consenso perfetto. Rivolsi i miei complimenti al caro amico, sottolineando come fosse godibile e proficua la caccia in compagnia di così superbi esemplari. Il cane in ferma sembrava fuso con il bosco di faggi e il cespuglio di agrifoglio in un’unica armonia di forme e colori, che però dopo poco tempo si dissolse in uno spettacolo ancor più bello quando l’uccello nascosto frullò. Era una piccola beccaccia dal capo blu, quella che si alzò a colonna verso la cima degli alberi accarezzando l’aria con le sue ali. Il tiro era mio, poiché questa era stata la cortese decisione del mio amico, ed io puntai l’arma e feci fuoco. Con la prima canna la mancai e mentre lei si allontanava al limite della portata, sparai con l’ultimo colpo che avevo. Per un attimo mi parve che la rosata del mio piombo l’avesse incontrata. Poi, inspiegabilmente, l’uccello proseguì il suo volo. Lestamente, a quel punto, anche il mio amico tirò. Ma anche i suoi due colpi, gravati inoltre dalla distanza ormai eccessiva, non diedero alcun frutto apprezzabile. Stanley diede il via libera al cane che era rimasto in attesa di poter recuperare la selvaggina, e si rivolse a me chiedendomi se per caso avessi cambiato cartucce o caricamento, dall’ultima volta che c’eravamo incontrati. Gli risposi che il buon Lancaster di Londra sarebbe rimasto male se lo avessi fatto, e lui di rimando, da buon irlandese svelto di lingua e di mente, mi rispose che sì, Lancaster non avrebbe gradito, ma che avrebbe gradito ancor meno il risultato del tiro di prima, soprattutto se fosse accaduto a lui stesso! Una bella risata scosse entrambi dalla lieve costernazione che aveva seguito i quattro sfortunati tiri. Tuttavia, io apprezzai la gentilezza dell’amico che tendeva ad attribuire ad un difetto di confezionamento delle cartucce, il mio clamoroso insuccesso di poc’anzi.
IL LORD E LA BECCACCIA
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