Sia che si tratti di un cane inglese , o che utilizziate una razza continentale, il cane giusto per le quaglie dovrà rispondere essenzialmente ad una prescrizione: deve amare questo selvatico. Chiaramente, un sistema di lavoro come quello dei bracchi o dei breton, potrebbe rivelarsi in media più efficace che non quello aviquerente e fortemente legato al vento dei cani britannici. La quaglia è un selvatico di piccole dimensioni, che può facilmente sfruttare fossetti invisibili ed angoli reconditi della vegetazione impedendo così all’ausiliare di percepirlo. Se le condizioni di ventosità sono buone, il che vuol dire moderate e costanti, il nostro cane non avrà difficoltà a
reperirla anche a buona distanza. Il difficile viene quando manca il vento. Senza il trasporto eolico dell’effluvio il naso dovrà essere aiutato da un altro organo fondamentale, ovvero il cervello. Sarà pertanto inutile che in mancanza d’aria mossa il pointer voli sul terreno a capo alto, o il bracco italiano incroci somaramente senza soffermarsi su quei piccoli indizi che potrebbero essere risolutivi. Flessibilità, dunque, è la parola d’ordine. Ma non una flessibilità cialtrona e superficiale, bensì una duttilità intelligente, sostanziale, che deriva dalla conoscenza del selvatico perseguito.
In altre parole, sulle quaglie, sarebbe meglio uno specialista piuttosto che un bon- a-tout – faire. Oppure, come è più plausibile ai tempi d’oggi, un cane con spiccata vocazione alla praticità, e che abbia dimostrato di sapere come accostarsi alla
piccola regina africana.
Una volta si diceva che una quaglia scampata a due fucilate consecutive , merita la salvezza della propria vita. Oggi , francamente , non credo siano molti coloro i quali avendo tre colpi nell’automatico, rinuncerebbero ad utilizzarli tutti. Tuttavia, sarebbe un’eccellente dimostrazione di fair play. Io questo problema non l’ho mai avuto per la semplice ragione che non ho mai posseduto un semiautomatico. Se l’avessi, probabilmente anch’io le tirerei dietro tutta la Santabarbara. O forse no. Non lo so. Personalmente ho sempre ritenuto la doppietta arma ideale per servire un cane in ferma. E sulle quaglie, questa condizione mi pare ancor più ottimale. Il volo abbastanza prevedibile e non velocissimo della quaglia non richiede anticipi ad angoli impossibili, né straordinari esercizi di tiro. Il piano di mira allineato del giustapposto offre a mio avviso una comodissima soluzione, soprattutto considerando l’andamento del volo del piccolo gallinaceo. I tiratori di stoccata dal riflesso fulminante potranno giovarsi di un’arma corta, anche da beccacce intendo, purché il caricamento delle cartucce sia quello giusto. I puntatori, i meditativi, trarranno invece le migliori soddisfazioni da un’arma di almeno settanta centimetri. Tuttavia non dimentichiamo mai quali sono le prestazioni del nostro ausiliare: se è corretto la canna lunga e la carica un filo sforzata, avranno buon gioco nei casi ad
esempio di levata in coppia, dove il secondo tiro potrebbe essere sparato quando la quaglia è già a venticinque -trenta metri. E se il cane gli corre dietro, potrebbe finire nella scia della rosata. In quest’ultimo caso, un fucile che apra prima la rosata, ed una carica con molti pallini piccoli sarebbe preferibile.
In pratica, nel primo caso , con fucile da settanta centimetri e strozzatura tre -uno, io suggerirei un nove in prima canna ed un otto in seconda, da non meno di 32-34 grammi . Nel secondo caso , opterei per un dieci-dieci , o al massimo un dieci-nove, per un peso intorno ai 30-32 grammi.
Ma, come per l’ausiliare, mi rendo conto che anche qui ognuno ha le sue piccole preferenze e le sue grandi ragioni. I riferimenti che ho dato afferiscono a nient’altro che alla mia personale esperienza. L’importante, a mio avviso, è che l’armonia fra cane, cacciatore e fucile sia la più ampia possibile, e sia improntata ad un’effettiva volontà di incontrare ed incarnierare il nostro piccolo, agognato galliforme.
APERTURA ALLE QUAGLIE : LA REGINA D’AFRICA…
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