Se nelle prime ore del mattino, ed è meglio partire molto presto, le quaglie le troveremo battendo i campi aperti con una buona dose di meticolosità, intorno a mezzogiorno potremo iniziare a perlustrare i fossetti ed i margini delle formazioni boschive. Qui, come si diceva, questi uccelli sogliono dirigersi per trarre ristoro dalla calura, ma soprattutto per integrare la loro dieta con minuscoli insetti ed invertebrati che abbonderanno fra le erbe fresche e l’umidità.
Dopo la pausa meridiana il pomeriggio lo inizieremo proprio dalle aree di margine, riaprendoci progressivamente, ma sempre al giusto ritmo, verso le campiture più aperte.
La strategia, come si vede, è la medesima che sotto il solleone ferragostano, mentre è la tattica che cambia, prevedendo nell’apertura settembrina un maggiore rallentamento nell’azione di ricerca imposto dal tipo differente di insolazione, che a sua volta imprimerà un diverso ritmo alla giornata della quaglia. E quindi alla nostra.
Dobbiamo però considerare almeno un paio di variabili, che potrebbero influire sulla nostra ricerca in modo determinante, e che ci indurrebbero a rivedere tutta la strategia. La prima di queste è il vento. Le quaglie non lo tollerano più di tanto, e se per caso durante la notte un forte episodio eolico ha investito la zona nella quale cacceremo, e magari sta ancora perdurando, ci converrà avviare l’azione di caccia seguendo l’andamento dei fossetti, ossia esattamente al contrario di come faremmo in condizioni più o meno normali. Questo è dovuto al fatto che il piccolo gallinaceo trae riparo dal vento rimanendo soprattutto nei fossi di bordo campo, e rinunciando così alla sua consueta passeggiata antelucana.
L’altra variabile, manco a dirlo, è la pioggia. L’acqua sulla testa è sempre una complicazione per chi caccia, ed in coscienza, in caso di pioggia sarebbe serio non impostare alcunché e prendere ciò che capita, ringraziando mille volte. Tuttavia, se proprio volessimo perseguire le quaglie, solo le quaglie , fortissimamente le quaglie, teniamoci lontani dalle zone in cui l’acqua ristagna formando invasi allagati o acquitrini temporanei, e proviamo a dirigere la nostra ricerca su declivi leggeri, meglio se costellati da grandi piante o da siepi. Le quaglie non amano l’eccesso d’acqua, ne’ sotto le zampe ne’ sopra la testa, e la presenza di alberi potrebbe essere un elemento utile, in queste condizioni, per determinare l’area su cui provare a cercarle. Ottimi, ad esempio, gli oliveti collinari o i bordi delle siepi, mentre sarà opportuno tenersi decisamente alla larga da monocolture a stelo grosso, e dai pieno campo troppo ampi e senza soluzioni di continuità.
Nonostante lo strapotere del fagiano, la quaglia è ancora una primadonna nel grande circo dell’apertura, soprattutto al sud. E’ piccola ma genuina, è incolore ma affascinante, è sobria nei campi ma sontuosa sulla tavola. Ma soprattutto possiede un dono unico: per molti di noi rappresenta l’agenda su cui abbiamo annotato i ricordi più vividi, da cui trarre, di quando in quando, nuova linfa per alimentare la nostra passione.







