Il vecchio marchese Italo De Cesaris era sempre stato un grande appassionato di caccia e di cani. Nel suo studio pannellato di legno scuro, lisciava ed oliava la sua doppietta favorita, un’arma belga a cani esterni con le cartelle che narravano la storia d’un enorme cinghiale e di una muta di cani eroici, quando si aprì la pesante porta di noce e nella stanza entrò Ornella, splendida e vestita di verde come una primavera.
“ Ciao padre..”. Lei lo chiamava così, perché a suo dire “babbo” era troppo banale.
“ Toh…l’inviata speciale…..Vieni, bambolina…siediti”.
Ornella prese posto direttamente sulla poltrona di pelle del padre, dietro lo scrittoio del cinquecento, ed accavallò le belle gambe velate di seta attorcigliando una caviglia dietro l’altra, nella maniera riservata solo alle donne nel fiore delle forme e dell’età.
“ Allora? Che dice quel bischero dell’avvocato Birilli? Accidenti a lui, ed a me che mi ci son rivolto…”, sputacchiò il marchese sotto i suoi baffoni argentati.
“ E’ cotto, secondo me. L’ho anche invitato per Rignano, e, pensa un pò, sapevi ch’era un gran cacciatore di cinghiali?”
“ Chi? Il Birilli? Non ci credo nemmeno se lo vedo..”
“ Così mi ha detto. Anzi, ha aggiunto che il contadino gli tiene ancora l’ultimo suo cane da cinghiale, un capomuta straordinario, dice lui. Gli ho chiesto di portarlo, che t’avrebbe fatto piacere…”
“ Oh questa….quel gallinaccio borioso un cacciatore! Di cinghiali, per giunta! E…dimmi, che t’ha risposto?”
“ Mi ha detto che cercherà di venire….che s’organizzerà… Vedrai, padre, viene al cento per cento!”
“ Brava sei stata! Brava… Poi vediamo se si convince a ritirare la parcella: la causa non l’ha vinta, ed ha ancora il coraggio di pretendere il dieci per cento del suo valore. Ho perso sei poderi e lui vol pure venti milioni. Venti milioni vole, quel grullo buon’a nulla! Ma dico, un minimo di dignità professionale ed umana! Hai perduto? Pace, accontentati della metà, come era uso fra i gentiluomini d’una volta, e non pretendere il compenso pieno per un servigio che non t’è riuscito di dare! E’ vero che s’era rimasti in quel modo, ma è vero anche che lui m’aveva assicurato la vittoria. Me l’aveva data per garantita, che c’erano i presupposti, c’erano le sentenze, c’erano gli appigli, c’era la maiala della sù… ”, ruggì il marchese mordendosi un labbro e quasi scaraventando la preziosa doppietta nella rastrelliera di ciliegio. Poi s’accasciò di botto su uno sgabello.
“Ovvia babbo….calmati…vedrai che lo convinciamo..”.
Era solo nei momenti seri che lei lo chiamava babbo: quando l’anziano gentiluomo era assalito dalla rabbia impotente per un mondo che non era più il suo. Nel 1974 non si poteva più agire come una volta. Bisognava essere manager, assumere, licenziare, investire. E lui tutto questo non aveva mai saputo farlo. Era stato costretto, a poco a poco, a vendere le terre più importanti e tutte le sue quattro coloniche, sperando, anzi credendo, che il ricavato gli potesse bastare per il resto della vita. Ma l’economia, i prezzi, la società stavano cambiando molto più rapidamente di quanto non fosse in grado d’immaginare. A cinquantadue anni era diventato padre per la prima ed unica volta della bellissima Ornella, con la quale aveva stabilito un rapporto di assoluta complicità fin da quando lei aveva mosso i primi passi. Erano sempre stati alleati, loro due, e adesso, insieme, dovevano cercare di salvare il salvabile.
“Ma cosa vuoi convincere! Quel coccodrillo! Se do a lui venti milioni, noi che si fa? Si va alla mensa dei poveri? Per sicuro me l’aveva dato, quella testa di legno! Sennò io, col piffero che accettavo di pagargli il venti per cento del valore! Col piffero che gli firmavo quella carta!”
“Suvvia…babbo…non gridare o ti sentirà la mamma ed anche quella ciacciona dell’Eugenia…”
“L’Eugenia..”, sospirò il vecchio affranto scuotendo il capo, “…Fra un po’ le toccherà d’andare a perdere il sù tempo altrove. Non avrò di che pagarla, non avrò, quando quel buffone d’avvocato pretenderà i quattrini! Altro che storie…”
Novelle di caccia: La posta del Somarino
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