La Sala di Diana
Molte delle notizie che abbiamo sull’aspetto originario della Reggia di Diana le ricaviamo dal libro che lo stesso ideatore del progetto, il conte Amedeo di Castellamonte, ci ha lasciato “Venaria Reale Palazzo di Piacere, e di Caccia, Ideato dall’Altezza Reale di Carlo Emanuele II Duca di Savoia, Re di Cipro etc., Disegnato e descritto dal conte Amedeo di Castellamonte L’anno 1672. In Torino per Bartolomeo Zapatta” nel quale l’aristocratico architetto inscena un finto dialogo tra lui stesso e il cavalier Bernini (al secolo il famoso architetto-scultore Gian Lorenzo Bernini) durante una visita alla Venaria. L’artificio letterario serve al conte per descrivere minuziosamente le meraviglie della reggia che ha contribuito a creare con i suoi progetti architettonici e per noi si rivela una guida preziosa per ricostruire quello che è andato perduto o modificato, rispetto al progetto iniziale, nella Venaria attuale. Sappiamo così che il fulcro della seicentesca Reggia di Diana è costituito da una sala rettangolare riccamente affrescata e decorata, la cosiddetta Sala di Diana. Era la sala dei convegni e dei festeggiamenti. Il visitatore vi accedeva, e vi accede ancora oggi, dopo aver percorso il cortile d’accesso e quello d’onore. Le rappresentazioni allegoriche che vi si trovano hanno come filo conduttore l’esaltazione di Diana e dell’arte della caccia nello stile francese degli splendori di Fontainebleau. Appena entrati veniamo rapiti dalla ridondanza di stucchi, affreschi e grandi tele. E’ quello che volevano i Savoia, commissionando a pittori e scultori tre registri di raffigurazioni che portassero lo sguardo dello spettatore ad elevarsi in una catarsi fino alla volta a croce affrescata dal pittore di corte fiammingo Jan Miel, dove campeggia Giove che investe Diana fanciulla, la consorte del duca Carlo Emanuele II, Madama Reale Giovanna Battista, del titolo di dea di tutte le cacce come recita il motto “Delle cacce ti dono il sommo impero”.
Nell’allegoria celebrativa gli affreschi mitologici, le grandi tele e gli stucchi dovevano evidenziare le virtù celebrate a corte. E’ così che nel registro più basso si trovavano le raffigurazioni delle cacce, dieci tele di Jan Miel: la Caccia al Cervo, alla Lepre, all’Orso, alla Volpe, al Cinghiale, cioè i sei tipi di caccia, e i quattro momenti principali della caccia al cervo la Morte del cervo, l’Andar al bosco, l’Assemblea, il Lasciar correre, la Curea (oggi conservate presso il Museo Civico d’Arte Antica di Palazzo Madama). Visualizzavano lo “svago” venatorio della corte e simboleggiavano il suo prestigio come si evince dal fatto che sono volutamente riconoscibili alcuni personaggi della corte. Lo sguardo del visitatore può ora salire al secondo registro, a sette dei dieci enormi ritratti equestri dei duchi e della corte un tempo presenti, firmati da vari pittori al servizio dei Savoia,
una vera e propria parata celebrativa che correva lungo le pareti del salone. Al momento sono stati reperiti solo i due quadroni che rappresentano le coppie equestri di Enrichetta Adelaide di Savoia e Ferdinando di Baviera, opera del Miel (Castello di Racconigi) e di Cristina di Fleury ed Emanuele Filiberto di Savoia Carignano, opera di Charles Dauphin (Palazzo Reale di Torino). Degli altri otto siamo comunque in grado di ricostruire l’iconografia grazie alle incisioni del sopracitato libro del Castellamonte. Il crescendo retorico e allegorico fino alla volta mitologica dedicata alla duchessa consorte-Diana, è evidente. Del resto il letterato e retore di corte Emanuele Tesauro aveva dato precise indicazioni per l’arredo interno del salone per realizzare una completa iconografia celebrativa fatta di affreschi, quelli della volta, e di quadri appesi alle pareti: la Sala di Diana rifulgeva di straordinaria bellezza nel suo insieme decorativo basato su pittura e stucco. Gli stucchi raffiguranti, erme, satiri, divinità boscarecce, trofei di caccia e di pesca con animali, ninfe sedute su volute e putti costituivano un contrappunto orchestrato per le decorazioni pittoriche.






