
Il nucleo seicentesco de La Reggia di Diana. In basso, ricostruzione di un cerimoniale di corte a La Venaria
E la passione per Diana scorre molto forte nel sangue della dinastia franco-piemontese, come dimostra il fatto che più di uno dei suoi illustri rappresentanti troverà la morte proprio durante una battuta di caccia, è il caso di Amedeo VII, il Conte Rosso (1360-1391), Filiberto il Cacciatore (1465-1482) e Filiberto il Bello (1480-1504). Con lo spostamento dell’asse territoriale del Ducato Sabaudo dalla Francia verso i territori del nord-ovest della penisola italica si sposta anche progressivamente l’attività venatoria della corte. Dalla Savoia si passa alla pianura piemontese. Qui le battute di caccia reali si praticano su un territorio che dalla fine del Cinquecento si estende su tutta la pianura piemontese, dal torrente Cervo ad est, fino al Po a sud avendo come limite a nord i rilievi alpini. Un territorio caratterizzato da un alternarsi di boschi e radure che rendono la caccia particolarmente piacevole. Ed è proprio in
un lembo di questo territorio, a nord-ovest di Torino che sorgerà la più splendida delle residenze venatorie dei Savoia, che erano veri e propri “edifici di delizia” nel ‘600, cioè ambienti pensati per le cacce e le feste. Siamo appunto nella seconda metà del XVII secolo quando Carlo Emanuele II decide che sia tempo di celebrare il suo regno e la sua casata con la costruzione di una residenza reale in campagna che non abbia eguali né in Italia né all’estero, luogo di svago ma anche simbolo del potere assoluto del ducato, quello sabaudo, sempre più rampante nella scena europea dell’epoca: Versailles nel suo massimo splendore deve ancora nascere. Durante il regno di Carlo Emanuele II si assiste ad un relativo periodo di pace, il duca può così dedicarsi all’ “opera sublime”. A corte per la realizzazione viene chiamato uno dei più illustri architetti del tempo: Amedeo di Castellamonte. Egli progetta il nucleo originario de La Venaria, la cosiddetta Reggia di Diana. Edificata fra il 1660 e il 1663, tale struttura è ancora oggi visibile al fondo del cortile d’onore. Il semplice progetto a tre piani iniziale, tra il 1669 e il 1671 si arricchisce però di diversi padiglioni. La facciata originaria era
contraddistinta nel palazzo seicentesco da due fornici gemelli posti ai lati della loggia, dalla quale si entrava e si entra ancora adesso nel salone centrale fulcro dell’edificio, detto “Sala di Diana” in quanto stucchi e affreschi sono quivi dedicati alla dea. Le sequenze delle altre sale erano distribuite simmetricamente rispetto all’ambiente centrale. Il tutto era caratterizzato dalla ricchezza e dalla raffinatezza dell’apparato a stucco di cornicioni e cornici di finestre, timpani e nicchie. Nel corso del XVIII secolo la Reggia di Diana subisce varie trasformazioni che la porteranno a essere la maestosa Venaria che oggi conosciamo.





