La storia

La Corte d’Onore con i giochi d’acqua della Fontana del Cervo costituisce l’ingresso a La Venaria. In basso, La Galleria Grande
Al massimo del suo splendore nel corso del ‘700 la Reggia di Venaria poteva vantare 196.000 metri quadrati di stucchi ed intonaci, 35.000 metri quadrati di facciate, 30.000 metri quadrati di pavimentazioni interne, 4.750 tonnellate di pavimentazioni, 1.600 metri quadrati di affreschi, 14.800 metri di cornici decorative, 1.300 metri di balaustre. Anche le dimensioni della Galleria Grande, un corridoio di collegamento tra la stanza del sovrano e quella dell’erede al trono realizzata nel ‘700 dall’architetto Filippo Juvarra sono del tutto ragguardevoli con un’altezza di circa 15 metri, una lunghezza di circa 80 metri ed una larghezza di 12 metri. Quarantaquattro ampie finestrature e 22 “occhi” (aperture ovali all’interno e rettangolari all’esterno) posti sulla volta, danno vita a fasci luminosi che creano un gioco di luci e penombre che sottolineano la varietà degli innumerevoli decori. Nella seconda parte del Settecento, la Galleria ospitò addirittura un paradigma di statue allegoriche della province del regno realizzate da artisti provenienti dalla Reale Accademia di
Torino. Il progetto de La Venaria non comprende però solo il palazzo per il duca e la corte con le magnificenze appena descritte, ma anche giardini ben strutturati con fontane, peschiere, teatri d’acqua e di verzura. E ancora canili, il parco alto dei cervi, il sito della pallamaglio, la Cappella di San Rocco con l’urna di Sant’Uberto. Lo stesso borgo seicentesco preesistente divenne parte integrante della reggia con un nuovo assetto urbanistico che ne ridisegnò la via principale che porta dalla centrale piazza dalla forma quadratovale fino all’ingresso dell’edificio ducale, con una visione prospettica studiata nei minimi particolari e tutt’ora apprezzabile per chi la percorra. Ma torniamo indietro nel tempo, alle origini di tutto ciò. Con lo spostamento della capitale del Ducato da Chambery a Torino (1563), i Savoia iniziano a realizzare intorno alla città una cerchia di amene residenze dove regnanti e cortigiani possano “trovare all’occasione dimora e diletto”. Tra i diletti preferiti dai re sabaudi uno supera di gran lunga gli altri: la caccia. L’esercizio venatorio del resto è visto da sempre come preparazione e allenamento all’arte della guerra per i rappresentanti delle nobili casate europee.





