Le fonti che ho consultato non accennano ad innesti. Anzi, casomai alludono ad imprestiti più o meno corposi di sangue Sabueso verso altre regioni d’Europa, quali la Gallia e l’Elvezia, ovvero, a beneficio di chi avesse dimenticato la storia, la Francia e la Svizzera. Tuttavia, come sempre accade in casi di simile antichità, non è facile mantenere obbiettività ed onestà nella ricerca, per il semplice fatto che non sempre è possibile contare su elementi documentali certi e le ricerche vengono condotte sull’esame di opere pittoriche, sculture, bassorilievi o portici.
Il primo documento che accenna dichiaratamente al Segugio Spagnolo in quanto tale è l’opera di un re. Si tratta de “ El libro de la Monteria”, scritto dal Re Alfonso XI dal 1342 al 1350, dunque in pieno Medioevo. Il regale cronista fornisce una descrizione dettagliata dei cani da seguita da lui impiegati in tutte le sue cacce e, francamente, mentre da una parte si evincono elementi che non corrispondono alla razza per come la conosciamo oggi, per altri versi impressiona la perfetta sovrapponibilità di quelle prescrizioni con l’attuale standard. Non può sfuggire che i punti di discordia coinvolgano elementi che sono in chiara fase evolutiva: la “cabeza cuadrada”, testa squadrata, le “orejas colgadas et non muy grande”, orecchie pendenti ma non molto grandi, sono chiaramente antecedenti all’attuale testa allungata con profilo divergente, nonché alle odierne orecchie grandi e ben inserite, rappresentandone palesemente l’antegenesi più ovvia. Altre fonti eccellenti in cui si parla del Sabueso Espanol in quanto tale sono, nel 1582, Argote de Molina, “Hidalgo” di nobilissime origini, gran cacciatore ed insigne letterato, e nel 1644 Martinez de Espinar, con il suo autorevole trattato “Arte de Ballesteria y Monteria”, che impressiona per i principi di addestramento ed allevamento praticamente ancora oggi pienamente validi, praticabili e, soprattutto, praticati. Oltre agli spagnoli, il
segugio iberico può vantare addirittura un’estimatore francese, cosa già di per sé non da poco, considerando i cugini d’oltralpe,
ma che in questo caso ad aumentare l’importanza del riconoscimento è il nome dell’autore in questione: nientemeno che Gaston Phoebus, il mitico Conte di Foix, che in quel “compendio universalis” che è il suo “Livre de la Chasse” lo cita calorosamente come esempio di buon segugio, che aveva avuto modo di osservare nel corso di un suo lungo viaggio in terra di Spagna.





