“Klaus! Klaus! Cosa fai di sotto? Perchè sei lì? Sono solo le quattro!” si lamentò Clara rigirandosi nel letto e tirando su col naso.
“Dormi, meine liebe, non ti preoccupare. Sto solo controllando qualcosa…Stai tranquilla!” Era così ormai da tanto tempo. Quella che era un fiore di donna, una dolce e avveduta madre di famiglia, si era trasformata in una larva lamentosa e gemente, senza alcun interesse per la casa e per la vita. Clara riusciva appena a far da mangiare e a pulire per sommi capi, ma anche queste semplici quotidiane attività le riuscivano ogni giorno più penose ed insormontabili.
Klaus Grohmann accarezzò il capo lanoso di Frida che si era alzata dal suo giaciglio e la fece uscire sul retro per i bisogni. Quindi si apprestò ad aprire la prima cassa di
prodotti. Si trattava di pasticcio di maiale speziato e messo in vasetti, un’autentica delicatezza tipica della zona. Ne lesse la provenienza, Gutersloh, e la mente iniziò a percorrere lo spazio ed il tempo riportandolo ad un freddissimo giorno di quattro anni prima quando proprio in quei pressi Frida realizzò una delle sue imprese più esaltanti, conducendolo letteralmente sui bordi di un fiume, percorrendone a passo di trotto l’argine per alcune centinaia di metri, imboccando un pontino di cui Klaus non sospettava nemmeno l’esistenza e andando a finire a colpo sicuro su una beccaccia allocata nel bosco di fronte, seguita poi da altre tre, con impressionante, taumaturgica precisione. Dopo tanti anni, e nonostante tante altre prove, a Klaus Grohmann veniva ancora la pelle d’oca al pensiero di quella giornata. Adesso però, il momento dell’addio paventatosi come un leviatano fin dal suo viaggio alla redazione del giornale, stava ormai per arrivare. Le cose per lui erano andate così. Bisognava darsi coraggio.
LE BECCACCE DI FRIDA
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